Drammatico, Recensione

LA VITA È UN ARCOBALENO

Titolo OriginaleThe rainbow
NazioneGran Bretagna
Anno Produzione1989
Durata102'

TRAMA

Primi novecento: in una cittadina di provincia, Ursula cresce sognando l’indipendenza come donna. Ha un rapporto omosessuale con un’insegnante, polemizza con lo zio ricco che sfrutta i minatori e con il padre che la vorrebbe chiusa in casa.

RECENSIONI

Ken Russell torna a D.H. Lawrence dopo il meraviglioso Donne in Amore (1920 il romanzo, 1969 il film) e ne traspone il precedente “L’arcobaleno” (1915), sempre incentrato sulla figura di Ursula (Sammi Davis; nel 1969 era Glenda Jackson): abbandona, come allora, gli eccessi tematici e gli stilemi grotteschi del suo cinema, per concentrarsi sulle sensazioni, i sapori, i segni. Come allora, l’eleganza e la delicatezza della messinscena si sposano alla perfezione con la russelliana assenza di imbarazzo nel presentare i comportamenti più anticonformisti: Ursula è una donna testarda, temeraria, combattiva, convinta al parossismo delle proprie idee progressiste. Compirà la propria scalata alla Montagna (simbolo ricorrente) sotto le sembianze di un leone (non di un agnello sacrificale cristiano), incontrando sul suo cammino amori omosessuali (l’affascinante Amanda Donohoe), insostenibili atteggiamenti maschilisti (i lascivi pittore e direttore scolastico; il padre e il futuro marito che la vorrebbero reclusa), ingiustizie sociali (lo zio che sfrutta minatori e animali; il sistema scolastico rigido e violento), assurdità intoccabili (la guerra, il matrimonio, la monogamia). Uno spirito libero tipicamente russelliano, alla ricerca di un appagamento totale (tutti i colori dell’arcobaleno) contro i poteri ottusi della Terra, frenati da interessi materiali o morali obsolete. Il simbolismo “realista” di Lawrence, i suoi temi (la lotta tra istinto e razionalità), le sue “oscenità” (il romanzo, all’epoca, ebbe non pochi problemi) calzano a pennello la poetica di un regista chimerico che, ricordato soprattutto per l’esplosivo decadentismo figurativo, sapeva in realtà avere la stessa portata provocatoria nell’implosione, esprimendosi attraverso i caratteri, la sensualità (dalla suadente campagna inglese alle frequenti scene di nudo, erotiche e al contempo verginali come quella del bagno con l’insegnante sotto la pioggia), le allegorie e i piccoli dettagli ironici (il soldato nudo che pare stappare come una bottiglia il pene).