Drammatico

LA VITA CHE VORREI

TRAMA

Si gira LA VITA CHE VORREI, melodramma in costume: gli attori principali vivono una relazione parallela a quella dei loro personaggi.

RECENSIONI

Fra ninnoli assortiti e camelie appassite si riproduce il gioco di specchi fra vita e arte, con tutti gli ingredienti del caso: la passione autodistruttiva di lei, il gelido perfezionismo di lui, le brutture del mondo del cinema [agenti striscianti, registi distratti, laidi protettori, ammiratrici/amanti di scorta, giù giù fino alla comparsa(ta) di Muccino jr.], l’amore che, signora mia, è sempre un guaio. Piccioni gestisce il tutto con mestiere, ma nulla può (vuole?) contro la schematicità dei caratteri, l’insipienza dei dialoghi, la pesantezza delle citazioni (le voci off sui titoli di testa modello EFFETTO NOTTE, un poster dedicato a Matarazzo, l’insistita parafrasi de LA DONNA DEL TENENTE FRANCESE). In due ore interminabili, una sola immagine degna di nota: Laura, inseguendo Stefano, si ritrova in abito di scena in mezzo alla folla in borghese, in un’inquadratura che dipinge con efficacia l’abisso fra il cinema e la realtà e la distanza difficilmente colmabile fra i protagonisti. Lo Cascio percorre il film impassibile, assecondato nel suo disinteresse da quasi tutto il cast (anche un’interprete solitamente irreprensibile come Galatea Ranzi si adegua al mood generale). La ruvida grazia di Sandra Ceccarelli è luce dei nostri occhi, ma il film ristagna al buio.