Drammatico, Recensione

LA STRADA DELLA VERGOGNA

Titolo OriginaleAkasen Chitai
NazioneGiappone
Anno Produzione1956
Durata87'
Sceneggiatura
Tratto dadal racconto "Le Donne di Susaki" di Yoshiko Shibaki
Fotografia
Scenografia

TRAMA

Ritratto di cinque prostitute in una casa di appuntamenti del quartiere a luci rosse di Yoshiwara, nei giorni il cui governo giapponese si appresta ad approvare una legge che vieti la prostituzione. Yumeko si trova a dover fronteggiare l’arrivo a Tokyo del figlio, di fronte al quale si vergogna della professione che è stata costretta ad intraprendere per mantenerlo. Yasumi è giovane, bella, avida e manipolatrice ed è disposta a fare qualunque cosa pur di liberarsi dal giogo dei suoi padroni. Hanae deve prendersi cura del figlio in fasce e del marito depresso e disoccupato, mentre Yorie è ansiosa di sperimentare una nuova vita coniugale ma dovrà fare i conti con una realtà ancora più insopportabile della sua precedente condizione. L’ultima arrivata è Mickey, una giovane e avvenente ragazza sprezzante e sicura di sé, in fuga dal padre e incapace di risparmiare il denaro necessario per riscattarsi.

RECENSIONI

L’ultimo film di Kenji Mizoguchi è un affresco corale sulla condizione della donna nel Giappone del dopoguerra, un’opera segnata da un profondo e doloroso realismo nella rappresentazione dei mutamenti che scuotono una società ancora visibilmente segnata da un passato tragico e timorosa di affidare la propria speranza al futuro. Mizoguchi percorre le strade dei bassifondi di Tokyo per addentrarsi tra le mura di un edificio nel quale sono riprodotti al loro livello più brutale i meccanismi dell’agire all’interno di una società capitalista: le ragazze che lavorano nella casa di piacere possono ottenere la libertà soltanto dopo il pagamento del debito contratto con il padrone, dunque un movimento di denaro governa le loro vite, o meglio, la mancanza di una determinata somma di denaro è la condizione per la quale non è loro dato di accedere a una vita dignitosa. È il padrone stesso a far notare alle ragazze come egli si sostituisca al governo per provvedere al loro mantenimento, gestendo la casa di piacere allo stesso tempo come un’attività commerciale e come un organismo politico in miniatura, un piccolo stato che si situa al di là dei confini etici di quello vero e proprio.

I corpi delle donne si pongono ai margini della società e ne imitano il funzionamento, costituiscono con i loro clienti degli effimeri micro-nuclei famigliari che si sostituiscono a delle famiglie insoddisfacenti e allo stesso tempo si situano all’interno di un flusso di denaro che dalle casse delle botteghe dei clienti passa a quelle della casa di piacere per soddisfare un desiderio sessuale inappagato. Le prostitute si sobbarcano il sovrapprezzo morale di questa transazione monetaria, facendosi carico in prima persona della vergogna che le tiene lontane dai loro figli e dalle loro famiglie. Soltanto Yasumi riesce a risalire di un gradino la scala sociale, facendo ricorso all’avidità e all’inganno e soprattutto trascinando verso il basso, nella vergogna e nell’illegalità, un commerciante al quale si sostituirà, effettuando uno scambio di ruoli necessario a mantenere un equilibrio all’interno delle due sfere: uno degli innumerevoli clienti che quotidianamente visitano i bassifondi è destinato a rimanerci, liberando un posto che garantisce a Yasumi l’accesso a un attività commerciale più rispettabile.

Su questi personaggi grava una condanna a rimanere schiacciati sul fondo dello strato sociale e la macchina da presa lo evidenzia ad esempio proprio nel momento in cui Yasumi e il commerciante di tessuti bevono un tè: quando si alzano per trasferirsi in camera da letto la telecamera resta sul pavimento, a inquadrare le gambe come nella sequenza della mancata impiccagione, nella certezza che gli oggetti dell’inquadratura verranno inesorabilmente ritrascinati al suolo. Yasumi possiede l’ambizione e la mancanza di scrupoli per tendere verso l’alto e dall’alto guarderà le sue ex colleghe una volta rilevato il negozio del suo amante. Le intensissime e dolorose sequenze finali, con il trucco della giovane prostituta che poi si rivolgerà alla telecamera invitando il cliente/spettatore, mostrano un breve rito di mascheramento che con l’intenzione di abbellire un volto finisce per abbrutire definitivamente un’esistenza, racchiudendo in sé allo stesso tempo la perdita dell’innocenza, l’ingresso nell’età adulta e la caduta nei bassifondi. Alla giovane ragazza viene attribuito un nuovo volto che coincide con il suo nuovo stato, un segno sul corpo che è allo stesso tempo un segno indelebile sul suo destino. L’impressione è che Mizoguchi rinunci ad ogni estetismo con l’intento primario di documentare una condizione infima dell’esistenza che è prima di tutto una condizione sociale e lavorativa, ricorrendo anche a sequenze dall’indubbio sapore neorealista  (il dialogo tra la madre e il figlio fuori dalla fabbrica), evidenziando così una comunanza di intenti tra il movimento che in quegli anni nasceva in Europa e quel genere cinematografico giapponese noto con il nome di “dramma dei bassifondi”.