Commedia, Recensione

LA STORIA DI RUTH – DONNA AMERICANA

Titolo OriginaleCitizen Ruth
NazioneU.S.A.
Anno Produzione1996
Genere
Durata102’

TRAMA

Drogata di colla, Ruth aspetta il quinto figlio. Arrestata e messa in prigione, previo consiglio di abortire, viene aiutata dal movimento antiabortista.

RECENSIONI

Il cinema di Alexander Payne placca l’America fin dall’esordio, con un mix di registri che ha del sorprendente: nudo e crudo nel ritrarre una tossicodipendente incinta ma con un soundtrack che si compone di allegro easy listening. Se c’è sprazzo da idillio, l’immagine lo nega subito. Se la protagonista (un’ottima Laura Dern) può sembrare una vittima del Sistema, ci pensa subito la scrittura a dipingerla come madre per cui i soldi e sniffare sono più importanti dei figli. Quando, poi, Payne allarga il suo sguardo al paese intero, la pellicola si fa sempre più corrosiva e grottesca nel dipingerne le contraddizioni fra buonismo e fanatismo: bigotti religiosi, borghesi con bisogno ego(t)istico di elargire buone azioni, finti perbenisti, politici opportunisti, elettori corruttibili. Un paese che, invece che rinvenire le radici del malessere di una cattiva madre, finisce per strumentalizzarla a fini propagandistici. Tutto detta senza urla, con uno stile originale che abbraccia il “realismo” previe sottolineature grottesche, anziché abbracciare il grottesco tout court: l’effetto è molto più inquietante e paradossale. Una cifra paradossale che, quando viene del tutto sposata verso la conclusione, rende però tutto più monotono. Un finale aperto, ambiguo, previa splendida scena allegorica in cui Ruth si mischia facilmente tra la folla in quanto mero messaggio e non persona.