Drammatico

LA RECITA

Titolo OriginaleO thiasos
NazioneGrecia
Anno Produzione1975
Durata230'

TRAMA

Un gruppo d’attori girovaghi attraversa la Storia tormentata della Grecia, in un periodo che va dagli anni trenta agli anni cinquanta.

RECENSIONI

 

L’esercito di Papagus e poi, a ritroso, ricordi dal 1922 (la guerra contro i turchi), vite spezzate durante l’occupazione nazista, la Resistenza, la guerra civile, l’invadenza degli inglesi. Il sipario s’apre e si chiude, il pubblico, fra denunce e tradimenti, applaude, organizza cortei, canta canzoni e diventa egli stesso attore. La Storia è una recita e le piazze, le strade, le abitazioni diventano il palcoscenico dell’uomo greco, scisso fra le bandiere della restaurazione e del comunismo. Questa rappresentazione sfuma nel privato dei protagonisti, attori di professione intenti ad inscenare il dramma bucolico di Peresiadis “Golfo la pastorella”: cammina, cammina, i Nostri si muovono nello spazio e nel tempo, arrestandosi tre volte per dare una testimonianza diretta di fronte alla macchina da presa. Anghelopulos preferisce riprendere tutto in campi medi e lunghi, per comprendere (in entrambe i sensi: capire e raccogliere) e allo stesso tempo osservare criticamente i fatti narrati: il piano sequenza con morbidi carrelli e montaggio interno è la cifra stilistica ideale per ottenere lo straniamento brechtiano e, al contempo, partecipare intensamente. Il primo tempo sospende, incanta e squarcia la visione: l’autore ottiene ciò attraverso un ritmo rilassato che viene sovente ed improvvisamente “disturbato” da folgoranti impennate liriche, musicali, tragiche, bizzarre e piccanti. I singhiozzi della figlia che scopre la madre a letto con l’amante, il sogno con un ritorno all’utero del figlio, la risata di fronte alla divisa militare, l’umiliazione sessuale del militare allupato, la fucilazione attonita (il “morituro” saluta i carnefici: “Io vengo dalla Jonia, e voi?”), la perversione consumata in cantina, lo stupro di gruppo in maschera, il Bulli e Pupe durante la festa di capodanno. Mentre la fisarmonica suona, la “fuga” è nel musical. Una generosità non mantenuta nella seconda parte ove cominciano a pesare le ore (quattro) e le sequenze oltremodo lunghe: la loro natura episodica non si ricompone in un atto a chiusura circolare. Lo spossante peso della Storia contamina anche il film che pare girare a vuoto, salvo terminare con un emblematico matrimonio USA/Grecia, rifiutato dalle nuove generazioni. Non giova certo l’intensificazione della matrice politica: Anghelopulos si schiera doverosamente a sinistra ma lo urla in modo assordante, rischiando di vanificare la poesia e l’impegno civile stesso.