Recensione, Thriller

LA PROSSIMA VITTIMA

Titolo OriginaleEye for an Eye
NazioneU.S.A.
Anno Produzione1996
Genere
Durata101'

TRAMA

Una ragazza viene violentata ed uccisa da un portaconsegne che il tribunale scarcera. La madre della vittima lo pedina.

RECENSIONI

Film di genere sull'abusato tema della vendetta privata, con Sally Field nel solito ruolo di "madre-coraggio". Sotto le mani di Schlesinger, però, l'emozione si fa potente ed il soggetto si riveste di accenti autorali e di stile, grazie a particolari inusitati, ad uno sguardo personale, ad un passo che evita, volutamente, i luoghi comuni. L'unidimensionale uomo nero di Sutherland, da segno approssimativo, diventa il simbolo stilizzato della violenza urbana e il mezzo per aumentare lo sdegno. L'invettiva non addita banalmente il cavillo giudiziario che scarcera i rei, è rivolta contro il "sistema" sociale e le sue disfunzioni, come nel miglior cinema statunitense del regista (Un Uomo da Marciapiede), e si fa largo nel plot di maniera attraverso una sagace cura nel dettaglio che osserva il degrado umano e metropolitano. Come in Uno Sconosciuto alla Porta, il regista è maestro nella costruzione del thriller, dell'incubo fra le mura domestiche e della conseguente rabbia in crescendo. La sequenza dello stupro in apertura è, in questo senso, terribile, con la sua "morte in diretta" e l'indifferenza dei concittadini imbottigliati nel traffico. Nel cinico, inatteso finale, dopo una più prevedibile predica contro la violenza, la sceneggiatura invita ad usare l'inefficacia della Legge a proprio vantaggio, come fanno i delinquenti. Da più di vent'anni Schlesinger pungola l'"american way of life", ora prende atto, denunciandola, dell'esasperazione odierna del singolo. La Field, ossessionata e sfiduciata dalla disgrazia, cerca la legge del taglione, non demanda più nulla alle istituzioni. S'inserisce anche un discorso più ampio sulle rigidità di ruolo: la protagonista acquista sicurezza, costringe il marito a stare sotto quando fa l'amore. La virilità (prendere la situazione in mano) è un fattore culturale, non genetico.