Drammatico

LA NEVE CADE SUI CEDRI

Titolo OriginaleSnow falling on Cedars
NazioneU.S.A.
Anno Produzione1999
Durata126'
Sceneggiatura
Montaggio
Scenografia

TRAMA

Nel 1950 Kazuo Miyamoto (Rick Yune) viene processato per l’assassinio di un pescatore bianco. Al processo assiste il giornalista Ishmael Chambers (Ethan Hawke), innamorato fin dall’infanzia di Hatsue (Youki Kudoh) ora moglie dell’accusato. Il trambusto provocato dalle udienze risveglierà i ricordi della deportazione avvenuta durante la seconda guerra mondiale ai danni della comunità giapponese del luogo.

RECENSIONI

Si è molto parlato delle affinità tra questo film e "Le Regole della Casa del Sidro"; forse il paragone è nato da una curiosa similitudine tra le parole "Cider" e "Cedars". Perché, a ben vedere, è difficile trovare due film così diversi, il cui unico punto d'incontro è l'essere tratti entrambi da un romanzo. "Le Regole della Casa del Sidro" ha una regia ordinaria, anonima, che segue scolasticamente la sceneggiatura senza vistosi difetti proprio a causa dei pochi rischi che Hallstrom vuole prendersi (i rischi semmai, se li prende John Irving con la posizione che assume sui temi cardine della sceneggiatura tratta dal suo libro). Un film quindi i cui pochi meriti risiedono in fase di sceneggiatura ma che da sola non basta a "riscaldare" lo spettatore..
Ne "La Neve che cade sui Cedri" la regia di Hicks è molto più ardita, prediligendo lo stile visionario (che, al secondo lungometraggio, si sta dimostrando una sua caratteristica peculiare), destrutturando la narrazione con insistiti salti temporali e, soprattutto nella prima parte, avvolgendo la storia con un alone di mistero tramite una distribuzione di ellissi molto efficace. Certo, il suo talento è palesato solo a tratti, la forza visiva dei paesaggi è spesso farina del sacco della fotografia dell' "immenso" Robert Richardson, mentre a tratti una sorta di patina produce fastidio in un soggetto così violentemente romantico, ma gli amplessi visti e non visti dentro il cedro tra i due protagonisti, costituiscono un indiscutibile saggio di bravura. Sul continuo ricorso a flash-back si potrebbero muovere facili critiche, poiché utilizzato così sistematicamente, inficia la fluidità narrativa ed espone la storia a inevitabili tautologie, ma il risultato finale lascia comunque il segno rispetto al film di Hallstrom, perché, tra due lavori tutt'altro che perfetti, è da preferire quello più coraggioso e ardito i cui difetti saltano agli occhi in maniera anche vistosa, piuttosto che un compitino, un vero e proprio dettato "trascritto" da un pur notevole romanzo.