TRAMA
In un lontano passato la figlia del faraone stringe un sanguinoso patto con la morte ma, scoperta, viene mummificata viva. Oggi, a trovarne i resti è un avventuriero spavaldo e atletico. Insomma, Tom Cruise.
RECENSIONI
La mummia, patrimonio Universal, fa parte di un revival dei capisaldi dell’horror classico che inonderà gli schermi nei prossimi anni, confermando la cronica mancanza di idee - e di voglia/possibilità di rischiare - delle major. Il tema era già stato riproposto 18 anni fa in versione umoristica e “caciarona”, ottenendo margini per sequel e addirittura spin off. Alex Kurtzman arriva su questo blockbuster con poca esperienza di regia, moltissima come sceneggiatore e produttore, tra cinema e tv. In questi anni sempre più orientato verso il fantastico-horror, tra le altre cose ha scritto il telefilm di fantascienza Fringe (alti e bassi, con tratti geniali), Mission impossible 3, Star Trek e Transformers. Uno che mastica la materia, certamente, ma anche un carné non esattamente ineccepibile. Questa versione, d’altra parte, ha poco di un vero horror. Qualche zombie, qualche pugnale, atmosfere malvagie ed urla poco umane, ma non si trema. Le scelte sonore e registiche rivelano come si miri a tutelare il prodotto per un pubblico ampio il più possibile. Come si voglia divertire ed intrattenere mescolando i generi, alla ricerca di un effetto cumulativo anche tra le fasce di pubblico. Numerose sono le situazioni “alla Indiana Jones”, soprattutto nella prima parte, perché in fondo è proprio quello il modello di riferimento, a dispetto delle tendenze puramente dark del nuovo Millennio (che forse avrebbero funzionato di più). I temi caratterizzanti per tradizione i film su La mummia ci sono quasi tutti. Un remoto ed efferato delitto, sepolto ma destinato a riemergere dalle nebbie del passato, una forza malvagia ansiosa di esplodere, la scelta di una figura del presente come prescelto/a, la ricercatrice, contraltare razionale/serio/scientifico. Il cuore di tutto, però, è l’avventura in sé, rocambolesca, che si tratti di inseguimenti, attacchi di corvi o di ragni, sparatorie ed esplosioni, corpo a corpo (improbabili), resurrezioni e (piccoli) colpi di scena.
E poi c’è Tom Cruise. Il divo mette ovviamente al centro se stesso; meno che in altri film, ma risulta in definitiva più iconico della mummia stessa. Cruise fa Cruise nelle sue incarnazioni più solari: un po’ mascalzone, indifferente al pericolo, compiaciuto di sé e seduttore. Un eroe travestito da antieroe, di fatto indistruttibile, che sia per abilità o per fortuna, la cui umana paura non preclude mai l’azione. “Un uomo buono” nascosto dentro un monello con pochi scrupoli, come il sacrificio dimostrerà. Qualcuno deve avergli persino suggerito un po’ di autoironia, tra una prova da stunt-man ed una delle immancabili trovate atletiche dei suoi film - la sequenza senza gravità, che deve averlo divertito particolarmente e in effetti si guarda con piacere. Accanto a lui figure di contorno, come quasi sempre. Bella la spietata ragazza del titolo, che sfoggia una tutina da mummia non credibilissima. Ineffabile il dottor Jekyll e Mr Hyde interpretato da Russell Crowe. L’unico tra i comprimari che il carisma lo avrebbe, ma viene utilizzato maluccio, specie nella sequenza di lotta col protagonista, decisamente poco felice. Vero è che il film non si prende mai troppo sul serio, neppure quando vengono pronunciate frasi come “Abbiamo fatto adirare gli dei”. Coerentemente con la messa in scena di pochissimo vero horror, lo sguardo rivolto alle famiglie. Alla fine dei conti, nonostante un inizio abbastanza brillante, tra avventura, azione e battute (lo scambio, non nuovo, ma divertente tra il protagonista e la ragazza dopo la notte insieme ed il furto), la seconda parte della pellicola perde molta della sua capacità di intrattenimento. In alcuni momenti rallenta persino e non sa gestire i timidi accenni di tragicità. Il finale lascia aperta la strada ad una vera saga con altri episodi. La cui reale uscita resta però incerta. Un’ultima considerazione riguarda direttamente Tom Cruise. Benché lo sguardo attento al pubblico ed ai blockbuster sia più che naturale per una star, la scelta di questo film si configura per l’attore come una rinuncia ad una serie di ambizioni fino a qualche anno fa ancora sul tavolo: in termini di riconoscimenti, di diversificazione dei prodotti interpretati, di collaborazioni, di immagine.
Fallimentare remake-reboot, più che della creatura anni trenta della Universal, della saga di Stephen Sommers, di cui non si riesce a replicare la miscela di avventura, commedia, horror e fantasy. Lo sceneggiatore Alex Kurtzman, al secondo lungometraggio da regista e noto per il sodalizio con Roberto Orci (produttore esecutivo), è solo un altro stallone nella scuderia di Tom Cruise, affiancato dall’altro “cavallo” Christopher McQuarrie, perché “il divo che non invecchia mai” deve rifare Jack Reacher (la scena su vero Boeing in caduta che ha richiesto 64 ciak). Si rimpiangono lo spirito del cinema anni trenta adottato da Sommers e la faccia e i modi giusti di Brendan Fraser: Cruise interpreta l’ennesimo, stereotipato tipo scavezzacollo e/ma spiritoso e/ma generoso in amore (schermaglie con la comprimaria di turno a seguire), affiancato da una spalla “comica” (Jake Johnson) ai limiti del sopportabile nei suoi isterismi, vicina al ridicolo involontario quando fa il fantasma spiritoso alla Un Lupo Mannaro Americano a Londra. La Universal punta al crossover sulle sue creature con La Leggenda degli Uomini Straordinari e Jekyll-Russel Crowe ma Kurtzman, iconograficamente, si rifà maggiormente agli horror inglesi, con inizio stile L’Astronave degli Esseri Perduti e intermezzi alla Hammer (l’attacco dei topi nel vicolo, con luci blu e arancione). La felice variante della mummia al femminile, invece, è annichilita dal cliché delle mummie-zombi. Colpo di grazia, un finale poco credibile che rovina la tensione imperante in tutto il racconto: appare il temuto dio Seth e viene sconfitto facilmente da un cuore umano (bastava un’accortezza di scrittura: dire, ad esempio, che auto-pugnalarsi dimezzava la potenza dell’incarnazione).