
TRAMA
Inizio Ottocento: il governatore della California imprigiona Zorro e gli sottrae la figlia neonata. Dopo vent’anni, l’eroe del popolo alleva un discepolo per vendicarsi.
RECENSIONI
Ideato da Johnston McCulley nel 1919, torna l’eroe mascherato che, serie televisive a parte, mancava dal grande schermo dagli anni settanta (la pellicola di Duccio Tessari e Alain Delon): volutamente poco filologici, gli sceneggiatori prendono le mosse direttamente da un Il Figlio di Zorro, con voli di fantasia come quello con cui trovano soluzione al mistero del mitico El Dorado. Dal canto suo, Martin Campbell, passato a produzioni di serie "A" meno personali con 007–Goldeneye, è al timone di un progetto fortemente voluto dal produttore esecutivo Steven Spielberg, con tutti i crismi del routinario film d’avventura spettacolare per famiglie: è un marchio di fabbrica di Mr. E. T., ad esempio, il mondo degli eroi (dei super-eroi: c’è pure una zorro-caverna stile Batman) visto dagli occhi dei bambini. Ma, fatta la tara di inverosimiglianze e cliché, la pellicola impressiona favorevolmente per come riesce a duplicare non solo le "volpi" della giustizia (Anthony Hopkins e Antonio Banderas), la loro sete di vendetta e i loro antagonisti (due villain niente male), ma anche i generi: da una parte c’è il commovente dramma di un anziano padre che ha perso la famiglia, dall’altra la divertente esuberanza giovanile di un convincente Banderas. Proprio intrecciando in modo peculiare ed efficace registri diversi, il regista neozelandese s’era fatto notare sin dai tempi di Legge Criminale: anche la mano calcata nelle scene violente è un suo segno distintivo. Fra duelli avvincenti o buffi (Banderas che fa lo snowboard), la pellicola ne contiene uno da antologia: la schermaglia "erotica" con la volitiva Catherine Z(eta)-Jones, bellissima visione-rivelazione votata (marchiata) al successo sin dal cognome. Fra baci e spade che stracciano i vestiti, è un sublimato incontro sessuale.
