TRAMA
La vita di Arturo, dall’infanzia all’età adulta, nella Palermo dagli anni Settanta ai Novanta.
RECENSIONI
Raccontare non la mafia, ma la vita accerchiata e condizionata dalla mafia, dai suoi grotteschi eroi e dai loro coraggiosi antagonisti, e più in generale da una città che vive, respira e, più o meno consciamente, si avvelena e muore di mafia: l'esordio cinematografico dell'ex Iena e conduttore televisivo Pierfrancesco Diliberto non è privo di ambizione nel tentativo di colmare la distanza fra storia e cronaca attraverso la mescolanza di ricordo, sogno, deformazione goliardica (Andreotti fra le mostruose maschere di Carnevale) e documentario, ponendo al centro della scena lo stesso autore, sorta di clown (in)volontario, al tempo stesso frutto e antitesi della realtà che intende descrivere. Al pari del personaggio che incarna, Pif appare eternamente incerto e sospeso tra lo scherno e la nostalgia, l'ingenuità e la riflessione a sfondo morale: allo stesso modo il film affastella bruschi e/ma prevedibili cambi di registro, stempera la risata cinica in un sorriso al più beffardo, spesso solo bonario, mentre il tentativo di evitare i trabocchetti della retorica cade nel vuoto, o meglio, nella melassa di stampo didascalico (la programmatica teoria di Grandi Nomi che culmina, prevedibilmente, nel 'lapidato' finale).