Commedia, Recensione

LA MACCHINA ITALIANA

Titolo OriginaleThe Italian Machine
NazioneCanada
Anno Produzione1976
Genere
Durata30'
Sceneggiatura
Fotografia
Montaggio
Scenografia

TRAMA

Lionel, appassionato di motociclette, scopre che una Ducati 900 Desmo Supersport è stata acquistata da un ricco collezionista d’arte, che la tiene in salotto come fosse una scultura. Non riesce a farsene una ragione e si vuole impossessare della “macchina italiana”.

RECENSIONI

Scritto e diretto da David Cronenberg dopo Shivers, e andato in onda sulla CBS come primo episodio di Teleplay, La Macchina Italiana è un lavoro decisamente interessante. Utilizzando come stella polare l’arma a doppio taglio del senno di poi - che insieme alimenta e inquina l’attività critico/interpretativa -, è evidente che il corto conferma/anticipa molti temi cronenberghiani e, insieme, fa chiarezza, per vie traverse, su alcuni aspetti del suo cinema. Intanto c’è il discorso della fascinazione fisica, corporea, sensuale per le macchine e per la tecnologia, esplicitata dalla passione incontrollabile di Lionel per la Ducati 900 Desmo Supersport, con la quale sembra instaurare un rapporto malsano, nel quale i riferimenti all’olio lubrificante diventano esplicite metafore umorali e sessuali. Passione che innesca una crisi isterica, che il protagonista riesce a placare solo ascoltando, su vinile, il rombo del bicilindrico di Borgo Panigale.

Il che ci porta a un secondo aspetto importante: l’ironia. Quanto è ironico il cinema di Cronenberg, che tipo di ironia lo solca? La Macchina Italiana è probabilmente “una commedia”, come disse Enrico Ghezzi nell’introdurre il corto a Fuori Orario, ma che tipo di commedia è? Perché qui più che altrove, l’ironia è sicuramente presente in maniera esplicita eppure è comunque sottotraccia, sfuggente, come soffocata prima ancora di esplodere. C’è sempre qualcosa di distante ed estraneo, fuori posto, che non permette di aderire alla materia trattata con leggerezza, di ridere, o anche solo di sorridere. Come se Croneneberg inserisse gli ingredienti della commedia senza amalgamarli: una commedia, se c’è, è scomposta e irriconoscibile. E molto cerebrale, anche.
La Macchina Italiana è infatti anche, e forse soprattutto, una satira sull’Arte Contemporanea. Se si pensa che il corto ha 46 anni, è quasi sorprendente il modo in cui, estremizzando istanze già comunque – ovviamente - presenti negli anni ’70, ha anticipato le derive ultraconcettuali dei nostri tempi. Tutto il discorso sull’arte gratuita e parossisticamente autoreferenziale, svuotata di senso che non siano quello teorico (“un’opera d’arte che compra un’altra opera d’arte”, dice Ricardo al collezionista, riferendosi a se stesso e alla motocicletta) e quello economico, cioè il suo valore di mercato, è ovviamente attualissimo, oggi come (e più che) allora. E oggi come allora è un discorso evidentemente sarcastico e ironico ma non divertente. Semplicemente cronenberghiano.
Infine, è davvero difficile non menzionare l’ultimissimo Cronenberg, Crimes Of The Future, che, come riprende il tema delle mutazioni e del proliferare di nuovi organi già presente in Shivers e Rabid, così ripropone la riflessione sulle nuove forme tecn(olog)iche di sessualità e, soprattutto, quella su cosa sia (diventata) l’Arte.