TRAMA
Anni cinquanta, Montana: stanchi del razzismo subito, gli afroamericani del paese si uniscono in una resistenza passiva, boicottando gli autobus.
RECENSIONI
Un episodio storico della rivendicazione dei diritti dei neri prende forma attraverso l’esperienza autobiografica dell’attrice Mary Steenburgen (suo il soggetto): un’opera terribilmente “politically correct” che, ogni tanto, rischia di essere stucchevole nella retorica dei buoni sentimenti e delle “cose giuste”, che di certo assume meno valore dispiegando il proprio “j’accuse” con quarant’anni di ritardo e iscrivendosi negli schemi di routine del cinema hollywoodiano, fatto di certezze e meccanismi che temono le sfumature, le obliquità, l’articolazione, la spontaneità di messaggi e temi. D’altro canto, sono schemi che, se ben eseguiti come qui, non hanno rivali nel modo in cui riescono a farsi portavoce dei principi etici più sani, a parlare direttamente al cuore dello spettatore, proprio perché il messaggio è sempre più efficace quando messo in bocca all’uomo probo e “semplice” (ipocrita o meno che sia la fonte), piuttosto che al dubbioso e contorto. Sissy Spacek e Whoopi Goldberg (che s’era abbonata a parti di donna quieta e saggia, generosa e vittima) ne approfittano per una gara di bravura negli sguardi, e regalano attimi di pura commozione.