TRAMA
Su una remota isola australiana tra l’oceano Indiano e l’oceano Australe, negli anni successivi alla Prima guerra mondiale, il guardiano del faro Tom e sua moglie Isabel cercano invano di diventare genitori. Il loro destino cambia per sempre quando il mare spinge fino all’isola una barca con un uomo morto e una neonata ancora in vita.
RECENSIONI
Non finiscono neanche i titoli di testa sulle note suggestive, ma alla lunga invadenti, di Alexandre Desplat che il protagonista, solo e indurito dalla Prima guerra mondiale a cui è sopravvissuto, ha già accettato di isolarsi dal mondo riciclandosi come guardiano di un faro, ma soprattutto ha già incontrato quello che sarà il grande amore della sua vita. Tutto ciò evidenzia fin da subito il maggior difetto del film: la scrittura. Tutte le svolte, infatti, si succedono senza una costruzione che le renda plausibili, o accattivanti, o comunque in grado di essere metabolizzate nei tempi giusti. L’alternanza tra moti dell’animo, avversità e sfortune non arriva quindi mai a scaldare il cuore, nonostante le molte opportunità offerte dall’omonimo romanzo di debutto di M.L. Stedman, trasposto in sceneggiatura dallo stesso regista Derek Cianfrance. Sono proprio i personaggi ad avere solo i gesti dell’eroina romantica e dell’uomo con una sola parola, perché di loro finiamo per conoscere unicamente l’apparenza. Tra i due protagonisti scatta un colpo di fulmine che si traduce in un amore da cartolina (il faro contribuisce allo sfondo ideale), ma sull’irrazionalità della scelta della donna (fuga da un mondo ordinato pieno di regole? da una famiglia opprimente? da un destino segnato dalla noia?) i dubbi che restano sono tanti.
Con la materia narrativa a disposizione, fatta di decisioni difficili destinate a creare inevitabilmente ferite insanabili, il melodramma tutto lacrime e struggimenti del cuore sembrava cosa certa. Invece i conflitti, anche molto attuali, messi in scena finiscono per perdersi nel banale. L'interrogativo 'un genitore è colui che ti cresce oppure chi ti ha generato?' sfuma quindi in 'chi si prenderà la colpa per avere modificato il corso naturale degli eventi?' e, soprattutto, 'l'amore sopravviverà a tutto ciò?' Di forzatura in forzatura, tra scene madri, casualità improbabili e svolte balzane, si giunge a un finale posticipato nel tempo che cerca, invano, le lacrime. È sempre rischioso, infatti, e il film lo conferma, vedere gli attori invecchiati con un trucco posticcio e stridente impegnati a sciogliere rancori e rimpianti. Anche la tanto chiacchierata alchimia tra i due protagonisti (pare che proprio sul set di questo film sia nato il loro amore nella vita reale) non fa le scintille sperate. Alicia Vikander si abbandona a gesti di maniera e il suo smaniare e correre si limita a coreografare gli sbalzi emotivi del personaggio e Michael Fassbender è costretto a un'unica espressione che riporta alla memoria l'interpretazione, ugualmente sottotono, di Carl Jung in A Dangerous Method. Può fare poco la grintosa Rachel Weisz, vittima di un personaggio mal scritto e incoerente. Se quindi la cornice è adeguata, il quadro incolore conferma la parabola discendente di Derek Cianfrance dopo l'altrettanto fallimentare Come un tuono. Che l'ottimo riscontro critico di Blue Valentine abbia creato un po' troppe aspettative nei suoi confronti?