TRAMA
Nelle orecchie di Alma e dei suoi figli, durante la guerra civile in Guatemala, risuonano le parole «Se piangete, vi ammazzo». Trent’anni dopo, si apre il procedimento penale contro Enrique, un generale in pensione responsabile del genocidio. Quando però il generale viene prosciolto grazie all’annullamento del processo, lo spirito della Llorona comincia a vagare per il mondo come un’anima perduta tra i vivi. Di notte Enrique sente i suoi lamenti. Sua moglie e sua figlia credono che stia avendo manifestazioni di demenza legate all’Alzheimer. Non possono sospettare che la loro nuova governante, Alma, sia lì per ottenere quella vendetta negata dal processo.
RECENSIONI
Dopo la visibilità internazionale ottenuta grazie a Vulcano nel 2015, inserito nel concorso della Berlinale, il regista guatemalteco Jayro Bustamante non abbandona le sue origini ma contamina l’amore e la voglia di raccontare la sua terra con il cinema di genere. Il film affronta infatti il caso di un generale in pensione, ricalcato sulla figura dell'ex presidente Efraín Ríos Montt, accusato di genocidio e poi ingiustamente prosciolto, e lo declina verso l’horror. Un’incursione soprattutto d’atmosfera, che ricorre al mito della Llorona, spettro folcloristico dell’America Latina che in base alla tradizione si presenta come una donna urlante alla ricerca dei figli che ha ucciso. L’azione si svolge all’interno della grande casa in cui il generale ha trovato rifugio insieme alla sua famiglia, mentre all’esterno il popolo è in rivolta e grida la sua rabbia per il mancato riconoscimento del genocidio e l’assoluzione del generale. Tutto il film è giocato sul contrasto tra il dentro, con un microcosmo familiare alla vana ricerca di un equilibrio, e il fuori, dove la Storia irrompe sulle storie in cerca di giustizia. Il contesto è inquinato da visioni, sogni, sonnambulismi e percezioni causate dalla giovane Alma, assunta come governante dopo che il personale si è licenziato.
Sarà lei a rendere l’atmosfera sempre più opprimente e insopportabile, in grado di far vacillare rapporti che si erano sempre basati su un’apparenza mai effettivamente messa in discussione. È in lei che si cela l’animo inquieto e vendicativo della Llorona, con il soprannaturale alla ricerca di quella giustizia che il terreno non è in grado di garantire. Un modo sicuramente originale, quello scelto da Bustamante, per accendere i riflettori su una pagina di Storia poco conosciuta, interessante per l’ardire narrativo e anche dal punto di vista cinematografico. L’l’horror punta infatti sul perturbante, sul non visto, attraverso una messinscena molto giocata sul contrasto tra la quiete degli interni, in realtà teatro di forti tumulti interiori e di responsabilità pesanti come macigni, e il disordine proveniente dall’esterno, dove una massa compatta prova a dare voce a un’etnia che è invece silenziosa perché cancellata. La regia valorizza spazi, geometrie e non detti e cerca la suggestione attraverso movimenti di macchina lenti e sinuosi, a partire dal bellissimo e ipnotico incipit in cui uno zoom al contrario ci immerge in un rito arcano di grande potenza visiva. Un tentativo insolito e riuscito di interpretare l’horror in chiave politica.