TRAMA
Jeremy Rodock, iracondo allevatore di cavalli, assume Steve, un ragazzo vagabondo che gli ha salvato la vita. Nel ranch vive anche Jo, ex-ballerina che scatena la gelosia di Rodock.
RECENSIONI
Intrigante, magnetica la prova di James Cagney, in un ruolo che era stato offerto a Spencer Tracy (sostituito per diverbi con la produzione), ambiguo con un equilibrio che sosta più nell’irrisolto che nella sfaccettatura, in perenne bilico fra Male e Bene: la sua concezione della giustizia, senza contraddittorio e deleghe, lo rende iniquo nella misura in cui crede nei principi sbagliati. Se la malvagità è figlia dell’agire senza onore e per tornaconto personale, Rodock è anche uomo “retto”. La sua legge del capestro (titolo italiano) non è necessariamente un tributo all’uomo cattivo (titolo inglese). La sua “inafferrabilità” è esemplificata nel motto “Il cavallo è schiavo dell’uomo, ma se lo tratti come uno schiavo non sei un uomo”, testimoniata dal punto di vista esterno dell’ultimo arrivato, il giovane interpretato da Don Dubbins, e resa drammatica dal rapporto conflittuale con Irene Papas, al suo debutto hollywoodiano. Le direttrici del racconto western in sé, ideato dal Jack Schaefer di Il Cavaliere della Valle Solitaria, sono abbastanza convenzionali nei topoi di genere e nei fattori scatenanti (mélo), ma Robert Wise punta sui profili psicologici, sui crucci interiori, sulle appassionanti dinamiche relazionali dei caratteri, preferendoli all’azione oltremodo parca (il botteghino non ha gradito). Sotto una direzione meno accorta e nonostante le ottime interpretazioni (Don Dubbins escluso), il canovaccio monocorde dove, a tratti, i drammi e le azioni paiono anche ingiustificate, avrebbe avuto la meglio. Bella fotografia a colori in CinemaScope di Robert Surtees, che staglia gli esterni fra le montagne del Colorado.