TRAMA
Il professor Fate, cattivo e rancoroso, e Leslie, bello e invincibile, sono da sempre acerrimi nemici. Quest’ultimo organizza una corsa da New York a Parigi: altri piloti con le loro auto partecipano, ma non si contano i sabotaggi.
RECENSIONI
Forte del successo della sua saga con La Pantera Rosa, Blake Edwards, co-autore anche del soggetto, ottiene gli ingenti fondi per comparse, cambi di location, set e macchinari per girare questa commedia slapstick ispirata alla “grande corsa” che avvenne nel 1908 da New York a Parigi. Grande successo di pubblico, meno di critica, complice anche la contemporanea uscita al cinema del simile Quei Temerari sulle macchine Volanti di Ken Annakin. Nel tempo, però, è diventato un classico, talmente iconico da aver dato vita a un altro oggetto di culto, la serie di cartoni animati che William Hanna e Joseph Barbera darà alle stampe nel 1968, “Wacky Races – le Corse Pazze”, seguita da “Dastardly e Muttley e le macchine volanti”, quest’ultima incentrata sui due personaggi più riusciti, ispirati al professor Fate (Jack Lemmon, un villain sopraffino con buffa risata) e al suo aiutante Carmelo (Peter Falk, ‘Max’ nella versione originale). Lo spirito è démodé, con buoni e cattivi ben definibili (letteralmente in bianco e nero), la comicità si rifà al cinema muto, con in mente soprattutto Stanlio e Ollio (cui il regista dedica il film), non facendosi mancare le torte in faccia alla Mack Sennett o La Battaglia del Secolo (4,000 torte, cinque giorni di riprese per una scena lunga quattro minuti) e, in una gioiosa sarabanda, citando e parodiando a man bassa: quello di Edwards è, prima di tutto, un omaggio, anche forzato, agli slapstick originali, di cui non si sente del tutto tenuto a replicare la qualità.