TRAMA
L’oro è sepolto nel luogo dove gli Apaches massacrarono i bianchi. C’è chi cerca la vendetta (Richard Widmark) e chi il tesoro (Donna Reed).
RECENSIONI
Bondage noir in western. Lo sceneggiatore Borden Chase, per tre quarti della durata del film, rimescola tutti gli stereotipi del genere, cuoce a fuoco lento un compendio di cliché: c'è di tutto, dalla diligenza agli indiani, dall’avamposto assediato alla cavalleria, dal tema della vendetta alla caccia all'oro, dal duello fra pistoleri alla femme fatale, dalla rivalità fra allevatori ai banditi, fino ad arrivare ad un intricato giallo con colpi di scena. La parte finale, invece, azzarda la psicanalisi con la singolare descrizione di un conflitto fra padre e figlio (non per niente, Borden Chase ha scritto anche Il Fiume Rosso) e situa il protagonista al centro di un'epica scelta fra Bene e Male. La frustata, però, sferza il colpo migliore fin dalle prime battute, nel momento in cui mette in scena una manovra di seduzione fra le più perverse mai viste sul grande schermo, almeno fino allora: Donna Reed, in calzoni e armata di frusta, contro il rude Richard Widmark. L'amore si fa strada a suon di schiaffoni (violentissimi) e con un gusto sadico per il dolore inflitto al prossimo (è evidente il piacere provato dalla Reed mentre cura la spalla di Widmark, non potendo e non volendo evitare di fargli male…). John Sturges, ad una prima occhiata, appare sempre come un narratore robusto, tradizionale e poco più: in realtà è una sorta di Delmer Daves che, anziché annacquare gli argomenti più spigolosi, li istiga con la loro apparente normalizzazione in un piglio nerboruto. Peccato sia, in fin dei conti, un'opera frastornante che accumula più che sorprendere del tutto. Seducente technicolor che ingentilisce i paesaggi ma non può nulla di fronte al volto meravigliosamente caricaturale di William Campbell.