TRAMA
Jeff, temporaneamente immobilizzato a causa di un incidente, passa il tempo a spiare ciò che avviene negli appartamenti dei vicini di casa…
RECENSIONI
Si sollevano le tende che occultano, impertinente sipario, la vista di un cortile interno sul quale si affacciano diversi appartamenti: nel salotto di uno di questi, un uomo sta per scoprire, a proprie spese, il peso delle apparenze. La (s)mania documentaria lo ha immobilizzato (si è rotto una gamba tentando di catturare con le sue fotografie un incidente in una gara automobilistica), ma Jeff non ha perso l’impertinente abitudine di ficcare il naso e il teleobiettivo negli affari altrui. Perché è così ansioso di indagare la vita degli altri? Perché non ha il coraggio di affrontare con altrettanta lucidità la propria (specialmente il rapporto con la fidanzata): il voyeurismo è la sua personale alternativa al trattamento psicanalitico. Peccato che, dalla finestra sul retro, il suo problema gli si ripresenti sotto diverse forme: negli alloggi su cui si sofferma il suo sguardo abitano una giovane coppia di sposi, una ragazza corteggiata e solitaria, una stagionata zitella dal bicchiere facile, due anziani coniugi che dedicano tutto il loro amore al cagnolino, un marito oppresso da una moglie lamentosa e invalida (un po’ come Jeff).
Quando la donna scompare (o così sembra), il fotografo concepisce un sospetto: le sue indagini lo porteranno… al matrimonio. Commedia sofisticata sull’infinita guerra dei sessi e la profonda cecità dell’uomo (ma non della donna, sempre più arguta e temeraria di quello che l’uomo vorrebbe ammettere), thriller costruito in modo assolutamente magistrale (il lungo finale, dalla perquisizione in casa dell’assassino in poi), magistrale saggio sul cinema [una rete di menzogne e allusioni appar(isc)enti, che rivela verità altrimenti inaccessibili] e l’esperienza della visione, monumento alla divina leggerezza di James Stewart e al fascino felino di Grace Kelly, pozzo senza fondo da cui dozzine di registi di poco spirito hanno tentato di attingere l’acqua della vita (che nelle loro mani si trasformava in sabbia), partitura di colori e suoni nutrita dalle ossessioni di Hitchcock (il dubbio e il doppio, la claustrofobia e lo squallore occulto della vita familiare, il fascino bifronte dell’amore, il suspense, il destino). Uno dei capolavori del maestro inglese, e quindi, per la proprietà transitiva, un pilastro insostituibile del cinema del Novecento (e non solo).