TRAMA
Il cantastorie Gedeone e la sua giovane assistente Almerina raccontano a un vecchio orso, svegliato dal letargo, di come il re degli Orsi Leonzio un tempo perse suo figlio Tonio, rapito dagli umani, e di come lo ritrovò invadendo la Sicilia.
RECENSIONI
Gli orsi, mammiferi onnivori capaci all'occorrenza di ergersi su due zampe, creature tanto aggressive e spaventose quanto pigre e golose e, se in forma di bambole di pezza, guardiani dell'infanzia, si sono da sempre prestati, più di tutti gli altri animali, a riuscite e appropriate umanizzazioni, dalle favole ai film animati, dei quali Disney in particolare ha regalato numerosi archetipi: tra i tanti si ricordano l'orso Humphrey, storica nemesi di Paperino nei campeggi, i fedeli Baloo e Little John (in originale doppiati dallo stesso attore Phil Harris e animati dagli stessi artisti), il dolce e ingenuo Winnie Pooh. Nel recente ma sempre disneyano Koda Fratello Orso è l'uomo a farsi orso (e a decidere di rimanerlo), mentre in Ribelle della Pixar è la madre, palesando quella simbologia di maternità da sempre correlata a tale animale. Nel racconto illustrato di Dino Buzzati La Famosa Invasione degli Orsi in Sicilia, pubblicato nel 1945 a puntate sul Corriere dei Piccoli, sono invece gli orsi a volersi fare uomini, finendo per incarnarne i vizi e macchiando la purezza della loro specie, salvo poi decidere di ritornare nei boschi e riabbracciare la loro vera natura. Nel suo omonimo adattamento animato, Lorenzo Mattotti, classe 1951, fumettista e illustratore italiano, dal 1980 residente a Parigi, riprende e reinterpreta le illustrazioni originali (sempre ad opera di Buzzati), secondo il suo stile inconfondibile, a tratti dechirichiano, facendo tesoro delle esperienze passate, quando curò le sequenze che legano gli episodi del film collettivo Eros, l'art direction del Pinocchio di Enzo D'Alò e la regia di uno dei segmenti di Peur(s) du noir. Ed è proprio la potenza del suo tratto ad aver convinto la vedova Buzzati, Almerina, prima restia, a cedergli i diritti del romanzo.
La produzione del film ha richiesto ben sei anni, durante i quali si sono esplorate diverse soluzioni visive, partendo da test in full CG - scartati perché considerati troppo freddi e visivamente più soggetti al passar del tempo – fino a un mix di 2D - più espressivo, meno costoso e più vicino ai gusti e alle competenze del regista – e 3D. Il sapiente uso di luci e ombre conferisce volumetria ai disegni che si integrano alla perfezione con una CG non invasiva chiamata ad aiutare nei passaggi più complessi. La matita sembra letteralmente scolpire i massicci orsi che appaiono spigolosi e tondi allo stesso tempo, laddove per gli umani si prediligono, generalmente, forme più allungate e slanciate. Dietro questa co-produzione italo-francese si cela la Prima Linea Production, studio d'animazione diviso tra Parigi e Angouleme, di Valèrie Shermann e Christophe Jankovic, che amano realizzare rischiose opere dal forte profilo autoriale come dimostra anche La Tartaruga Rossa, di un altro illustratore visionario, Michaël Dudok de Wit. Punto in comune tra i due film è la relazione tra l'uomo e la natura, che però in Buzzati diventa anche specchio e satira di una situazione socio-politica sempre attuale: gli orsi scendono dalle montagne e invadono il regno dell'uomo per riparare un torto subito, senza ostilità, curiosi di conoscere l'umanità e poi affascinati da essa (come la rossa tartaruga che si fa donna nel film di de Wit), in prima battuta respinti e massacrati, poi abbracciati da un gesto di umana compassione. Ma l'integrazione è solo momentanea e viene meno in un finale non accomodante che spiazza e travalica i rassicuranti confini della favola edificante.
Nettamente bipartito, il film utilizza senza rallentamenti la cornice narrante in cui il cantastorie Gedeone, Almerina e il vecchio orso si scambiano i racconti, dove il primo, quello tramandato dagli uomini, ha le cadenze e le atmosfere di una fiaba: tre gli ostacoli da superare (l'esercito del granduca, il castello infestato, l'orco), il magico aiutante e il classico happy ending; gli orsi hanno invece preservato la seconda parte della storia, quella dimenticata dagli umani, dalle tinte decisamente più pungenti e canzonatorie, il cui finale è sussurrato soltanto alle orecchie di Almerina. Ci sono segreti che neanche noi spettatori, in genere onniscienti, possiamo sapere. La natura è per gli uomini inconoscibile; a noi non resta che immaginare ciò che più ci aggrada, il finale che vorremmo. Lo stile sognante di Mattotti si fonde con eleganza alla scrittura vivace di Buzzati, in un film fuori dal tempo, squisitamente old school e consapevolmente sofisticato, che ha fatto la gioia dei festival in cui è stato presentato (Cannes, Annecy e Roma, tra i tanti). Nel curato doppiaggio italiano, che vanta attori di spicco come Toni Servillo, Antonio Albanese e Corrado Guzzanti, spicca il compianto Andrea Camilleri che presta la voce al saggio e vecchio orso.