Commedia, Fantasy, Recensione

LA FAMIGLIA ADDAMS 2

Titolo OriginaleAddams Family Values
NazioneU.S.A.
Anno Produzione1993
Durata93'

TRAMA

Alla nascita del terzo figlio, Gomez e Morticia decidono di assumere una tata; Fester se ne innamora…

RECENSIONI

Quali sono i valori cui accenna il titolo originale? Che cosa distingue gli Addams dal resto degli esseri umani (in generale) e dal campionario di psicotici wasp che devono affrontare nel corso del film (nello specifico)? Non l’amore per l’omicidio e il gusto dell’orrido [passioni condivise, con minimi aggiustamenti in puro stile Barbie (Prima Ballerina!), dalla vedova nera Debbie] e neppure il tenore di vita (altissimo, al pari di quello ostentato dai nefasti campeggiatori estivi), ma la macabra tenerezza reciproca e, più ancora, un tempismo rapinoso, una perfetta adesione alla struttura musicale di ogni singolo istante della vita (e della morte), la gioia deliziosa e perfida che nasce da un gioco di prestigio magistralmente eseguito a vantaggio(/a dispetto) di un pubblico paralizzato dalla sorpresa (o dall’orrore: l’effetto è il medesimo). La parte più gustosa dell’intera vicenda è costituita proprio dallo scontro fra l’intelligenza coreografica del gruppo familiare (temporaneamente smembrato, per essere riunito da un arto mozzo) e il diabolico congegno predisposto da una mente “non malata, solo maldestra” (tanto maldestra da non sapere che bombe a orologeria e cavi elettrici non sono l’ideale per disfarsi di una famiglia che ignora il succedersi delle ore canoniche – la gravidanza di Morticia, il neonato, l’edipico amore/odio di Mercoledì – e divora una lampadina dopo l’altra). Sonnenfeld fornisce allo script (meccanico, ma a tratti spassoso) di Paul Rudnick una confezione solida e lussuosamente levigata, illuminata da un cast in cui spiccano un’Anjelica Huston di cinerea bellezza e una Joan Cusack irresistibile nelle schizzate tinte pastello di una femme fatale tra Jackie Kennedy e un serial killer da tv spazzatura.

Caso più unico che raro, il sequel supera l'originale, grazie ad una trama meno esile, con l'inserimento d'una "vedova nera" che non sa di avere di fronte la famiglia più macabra, romantico - decadente, anti-carineria e anti-politically correct d'America. Uno spasso la tortura a suon di Walt Disney, lo spavento provocato dal poster di Michael Jackson, il bebè con la maschera di Hannibal the Cannibal, la non-sofferenza durante il parto, il barattolo-umano attaccato alla macchina degli sposi, l'abbattimento del simbolo degli U.S.A. (l'estinta...aquila calva), il tenero, timido, impacciato zio Fester (Christopher Lloyd) che col masochismo...va a nozze. E che dire dell'adorabile nuovo arrivato fra le creature di Charles Addams, nato già con i baffi del padre? La vera satira, comunque, sta tutta nella cattiveria con cui s'irridono i sani e i belli (la nemesi degli Addams? La filosofia degli scout durante il campeggio, gli insopportabili figli di papà, biondi e propositivi) per comporre un'elegia dei "diversi" e dei mostri che piacerebbe tanto a Tim Burton, contro la società del benessere e del buonismo. Il titolo originale tira in ballo i valori della famiglia in questione: nonostante le apparenze, gli Addams sono molto affezionati l'uno all'altro e danno una lezione a noi "normali" di comportamento, lealtà e sentimenti. Alle scenografie c'è il grande Ken Adam mentre Sonnenfeld (che appare nei panni del padre di Joel) si sbizzarrisce in elaborati movimenti di macchina. Non convince solo lo spot perenne sparato sugli occhi di Mortisia/Huston, ma il casting è davvero superlativo, azzeccatissimo.