TRAMA
Antonio Focaccia rinviene, in un monastero, una donna completamente ricoperta di peli: la sfrutta come fenomeno da baraccone, millantando che è una donna-scimmia trovata in Africa.
RECENSIONI
Ugo Tognazzi offre la sua maschera per disegnare un opportunista partenopeo che circuisce un’anima innocente con anomalia fisica, interpretata da Annie Girardot, in una prova coraggiosa, anche se non del tutto convincente (non le viene incontro un disegno psicologico che sappia sfruttare appieno tutte le idee del soggetto). Sarebbe lui il vero "mostro", ma Marco Ferreri non va dato mai per scontato: la pellicola (invero senza soluzione di continuità, in modo brusco), lo descrive anche come premuroso e affettuoso (comunque, sempre divertente), lasciandolo sotto il segno dell'ambiguità. E lei, in fondo, è beata nell’ignoranza. Perché il regista, nei suoi modi cinici, anticonformisti, comico-esistenziali, da un lato non ama indulgere a facili pietismi, dall’altro preferisce scagliare i dardi avvelenati contro le Istituzioni (nel caso, la Scienza, il mondo cattolico, il Matrimonio), non contro le loro vittime. Del più censurato degli autori nostrani, però, non si può disquisire senza tenere conto che la maggior parte delle sue scandalose e iconoclaste opere è passata "incompleta" (questa è stata manomessa da censura e produzione). I finali girati sono stati addirittura tre: quello ufficiale, imposto dal produttore Carlo Ponti; quello che voleva Ferreri, con Tognazzi che si rimette in affari esibendo i cadaveri imbalsamati di madre e figlio; quello della versione francese, con la donna scimmia che perde il pelo e diventa bellissima. Il soggetto del film ha preso l’idea da un dipinto di José Ribera, a sua volta ispirato a una leggenda popolare.