Drammatico, Recensione, Storico

LA CORAZZATA POTËMKIN

Titolo OriginaleBronenosec Potëmkin
NazioneU.R.S.S.
Anno Produzione1925
Durata75'

TRAMA

1905: l’equipaggio della corazzata Potëmkin si ammutina dopo i troppi soprusi subiti e la città di Odessa, dove la nave approda, lo accoglie con gioia. Ma i cosacchi caricano per farne strage.

RECENSIONI

Il capolavoro-kolossal di Eisenstein (tristemente noto ai più solo per la citazione in Fantozzi) sposa alla perfezione la teoria delle attrazioni dell’autore che, fra l’altro, dichiarava che il cinema, per essere rivoluzionario e farsi portavoce di un messaggio efficace, doveva essere uno spettacolo emozionante. Non chiedevano di meglio i vertici dell’Unione Sovietica che l’Arte, comunque, la concepivano solo come serva della propaganda politica. Per fortuna gli accurati studi teorici del regista, sull’utilizzo ottimale dei vari linguaggi potenziali della celluloide, erano arrivati ad un tale livello di raffinatezza e padronanza del mezzo che il magistrale formalismo finiva per sovrastare il messaggio politico, sbarazzandosi della faziosità, innalzando lo spirito rivoluzionario ad idea e sensibilità attraverso una drammaturgia coinvolgente di per se stessa. La potenza evocativa delle immagini da “cine-pugno” e la geniale ed elaborata costruzione del montaggio danno forma ad un’opera di tale potenza che, ancora oggi, riesce ad entusiasmare sia nelle soluzioni figurative (molte le innovazioni tecniche per opera dell’operatore Eduard Tissé) sia nell’appassionante drammaturgia, dove ci si esalta per le vittorie, avvilisce per i massacri e infervora nella ferocia antiborghese (che non è un assunto da cui partire ma una conseguenza degli atti visionati), in un film che doveva celebrare il ventennale della Rivoluzione: la lotta di classe inizia a bordo, la scintilla del malcontento, previo martirio, si espande ad Odessa (cittadina-sineddoche), la repressione può essere fermata appellandosi alla fratellanza, alla solidarietà fra popolo e soldati. Divisa in cinque atti, l’opera alterna liriche lente e melodrammatiche (il terzo atto è il più forzato e melenso) a ritmi vorticosi e scene colme di pathos: indimenticabile quella dell’ammutinamento, della strage sulla scalinata (la famosa carrozzella con infante calpestato), l’immagine del marinaio ucciso penzoloni sull’acqua, quella del molo ricolmo di gente (Eisenstein aveva già dimostrato in Sciopero di essere un maestro nel gestire le masse) e tutti i primissimi piani per esprimere dolore e ferocia (lo sguardo folle del religioso asservito al potere…), i giochi di chiaroscuri, il passo epico, l’architettura degli innumerevoli punti di inquadratura.