TRAMA
Leshka vive in un villaggio sperduto sullo Stretto di Bering che divide la Russia dagli Stati Uniti, tra il circondario autonomo della Čukotka e l’Alaska. È un adolescente ed è anche un cacciatore di balene, come la maggior parte delle persone nel paese. Da poco, è possibile accedere a Internet. L’unico momento di conforto per i ragazzi è diventata una video chat erotica che si interrompe continuamente. Il buffering, comunque, non impedisce di osservare giovani donne che vivono a migliaia di chilometri di distanza. Per tutti sembra essere poco più che un passatempo divertente, per Leshka invece si trasforma in una cosa seria quando si imbatte in una ragazza che gli cambia la vita.
RECENSIONI
L’adolescente Leshka vive a Čukotka, un villaggio di cacciatori di balene sullo Stretto di Bering: in mancanza di altro, vista la sostanziale desolazione del contesto, basato su un’unica attività, il ragazzo si avvicina al mondo delle chat erotiche. Con una connessione traballante si imbatte in una splendida camgirl bionda, di cui si innamora perdutamente: proprio su di lei il racconto si apre, con una falsa pista visiva che suggerisce la centralità del personaggio che poi diventerà solo virtuale (noi la vediamo “dal vivo”, lui no). Da parte sua, Leshka innesca un folle progetto che dovrebbe portarlo negli Usa a raggiungere l’amata: peccato che per lui il sogno americano sarà solo uno scoglio, un pezzo di terra, e poi un approdo tecnico nel “nuovo mondo” in Alaska che conferma la degradazione del “vecchio”.
Il giovane regista Philipp Yuryev, classe 1990, cattura efficacemente la solitudine dei villaggi di pescatori, in cui gli adulti fanno tutti lo stesso lavoro, le ragazze frequentano scuole estive in città e i ragazzi restano abbandonati a se stessi. In un simile contesto si installa il coming of age di Leshka, che però risulta impossibile: arduo mantenere l’equilibrio psicologico in un quadro anti-sociale, dove la presa sulla realtà fatica ad esistere perché manca, appunto, la “realtà” intesa come comunità socialmente organizzata. Allora Leshka, con un unico amico, può innamorarsi di una figura virtuale, pensare di raggiungerla e concretizzarla, diventare geloso per lei. A una prima parte quasi documentaria fa seguito la sezione del “viaggio” di Leshka, più eminentemente metaforica: qui il regista si dimostra meno rigoroso, tra simboli e sogni, e consegna un finale che potrebbe essere reale o forse solo immaginato.