Avventura, Recensione

KING ARTHUR (2004)

TRAMA

300 d.C.: in Britannia, il romano Lucius Artorius guida i sarmati contro i “barbari” di Merlino. Cavalieri quanto schiavi, i sarmati attendono il promesso affrancamento da Roma dopo quindici anni di servizio, ma il vescovo partenopeo pretende un’ultima missione, salvare una famiglia romana intrappolata al nord dall’avanzata dei sassoni.

RECENSIONI

Molto interessante come rilettura della leggenda di re Artù ed i suoi cavalieri agganciata ad eventi storici (un comandante Artorius respinse davvero i Sassoni, guidando tremila cavalieri): la sceneggiatura di David Franzoni, per quanto commerciale e altisonante, in questo senso sgretola i miti disseminando riferimenti vari (vedi La Spada nella Roccia e l’amore fra Lancillotto e Ginevra, presente però solo nella versione benedetta dal regista di 142’), mentre Antoine Fuqua lavora al contrario, riedificandoli con fare da leggenda. A Fuqua e al sempre kolossale (per budget) produttore Jerry Bruckheimer interessa poi altro, servire l’epica dei cavalieri (alla Franzoni, autore de Il Gladiatore) su un piatto d’argento di scontri in battaglia Braveheartiani (i guerrieri di Merlino mezzi nudi e dipinti di blu), e lo fanno dannatamente bene a livello spettacolare ed iconografico (con qualcosa in più: la sequenza eisensteiniana del lago ghiacciato, per tensione e modi di ripresa, è davvero da antologia). Non c’è paragone: per avere più psicologie, risvolti storici e studio dei costumi dell’epoca è assolutamente consigliata la versione “director’s cut”, pena avvilirsi di fronte alla (sola) magniloquenza.