TRAMA
Chris vuole mostrare a Tina il suo mondo e lo vuole fare a modo suo, attraverso un viaggio nelle isole britanniche, con il suo amato Abbey Oxford Caravan. Tina è un’introversa dogsitter che vive con una madre soffocante in completa miseria, e ci sono cose che Chris vuole che lei veda – il museo Crich Tramway, il viadotto di Ribblehead, il museo di Keswick Pencil, il paesaggio collinare e le meraviglie che lo hanno accompagnato nella sua vita. Non ci vuole molto perchè il sogno svanisca. Tina e Chris durante il viaggio di una vita, diverranno i Bonnie e Clyde della campagna inglese. Tra la gente che getta la spazzatura in terra, i ragazzi rumorosi e il viaggio in caravan, per non parlare delle ingerenze della madre di Tina, tutto ciò, concorre presto a mandare in frantumi i sogni di Chris e indirizzare lui e chi lo incontra sulla cattiva strada, verso un vero baratro. (dal pressbook del film)
RECENSIONI
L'alone mortifero che accompagna Chris e Tina nella loro “romantica odissea erotica” non inizia a propagarsi con la morte del primo malcapitato, ma aleggia sulle e nelle loro teste ben prima della partenza. I caratteri dei due protagonisti - ossessionata dalla morte del cane Poppy e sottomessa alla madre lei, fresco di licenziamento e scrittore frustrato lui - ridefiniscono i contorni di quella che sulla carta si presenta come una commedia romantica in piena regola (una coppia, una vacanza on the road, amore e complicità), sconfessandola nella sua prevedibilità e alterando la materia prima che la anima. Il rosa cangia in nero e l'omicidio diventa l'insidioso collante della coppia, centro narrativo propulsore dal quale si diramano una serie di “accidentali” decessi. Ben Wheatley plasma un'epopea dello squallore, del torbido e del disgustoso facendo leva su una caratterizzazione didascalica della demenza dei due protagonisti, bloccati, nonostante la loro età sfiori i trentacinque, ad uno stadio mentale decisamente infantile. L'immaturità affettiva di Tina, complice una madre anaffettiva e una vita trascorsa tra le mura domestiche, si associa all'apatia morale di Chris, raggiungendo un equilibrio deviato in cui assassino e complice si spalleggiano, si autogiustificano e si autoassolvono, potenziando una strategia delittuosa che prelude ad un allucinato disegno di giustizia suprema in cui si mescolano ecologismo contorto e rivalsa sul prossimo.
Questa struttura funziona fintanto che Tina siede passiva accanto al compagno che la eleva, relegandola, al ruolo di Musa ispiratrice della sua arte ancora inespressa, mentre lui agisce, compiendo quei “sacrifici necessari” affinché il mondo possa iniziare ad essere un posto migliore al cospetto dei loro occhi. Soltanto quando Tina si macchierà delle stesse azioni del fidanzato si riscontrerà un sussulto nell'equilibrio interno che regola la coppia, facendo perdere a Chris sia lo scettro di giustiziere unico sia l'aura immaginata di grande artista scrittore. Wheatley per scavare nella psicopatologia dei due personaggi, che sembrano invece vivere di una superficialità infantile pericolosa e tagliente poiché inconsapevole, si affida a costanti rimandi (espressi per lo più sotto forma di fantasie erotiche, provocazioni, allusioni spinte, ma non solo) all'osceno, alle feci e al momento dell'evacuazione, tentando forse un richiamo a quella che Freud definisce fase anale, ovvero quel periodo dello sviluppo psicosessuale del bambino in cui si formano autonomia e autostima, tratti praticamente involuti nei due fidanzati, soprattutto in Tina. Lo humor nero all'inglese che pervade il film è esasperato da questa insistenza riguardo l'osceno (senza farsi mancare alcuni dettagli splatter), che se da un lato inquadrano senza sconti la psicologia dei protagonisti, dall'altro risultano nell'insieme ridondanti. Come il precedente Kill List, anche la narrazione di Sightseers si struttura a tappe e come nel predecessore anche qua è l'omicidio l'elemento che scandisce il tempo e l'azione, risultando sempre come un dovere al quale i protagonisti devono rispondere per contingenze pratiche.