TRAMA
Danny è un killer professionista che uccide su commissione, ma, a seguito di un’esperienza traumatica, decide di ritirarsi in un luogo privato. La cattura del suo mentore Hunter, prigioniero di uno sceicco dell’Oman, lo porterà di nuovo sul campo obbligandolo a collaborare con i desideri del miliardario arabo.
RECENSIONI
Nelle sporche dinamiche del Potere si avverte l’esigenza di preservare il privato, costi quel che costi, anche quando è il caos a regnare, fucina di complotti e sotterfugi. In questo clima privo di coordinate non c’è alcun bisogno di sposare una causa, se non quella del proprio interesse personale, lottando per la sopravvivenza e disinteressandosi di una scala di valori ormai compromessa dall’occultamento della Storia. Non è un caso che Killer Elite scelga uno scenario così spiccatamente 80’s, mettendone in crisi l’insieme di ideali che l’hanno sempre caratterizzato, allestendo una caccia all’uomo tra Danny e Spike tanto classica per dinamiche quanto contemporanea negli esiti: se il mercenario pentito abbraccia l’ultima missione nel tentativo di salvare un collega in trappola, l’ex membro della S.A.S rimane ancorato in un futile passato, destinato a crollare sotto i colpi dei veri interessi che muovono il sistema.Il film così non esita a giocare sulla posizione dello spettatore, serenamente a suo agio con il manipolo di sicari, con quei meccanismi operativi, tipici dei Servizi Segreti che vivono nel falsificare il dato reale, nel confermare, quasi ce ne fosse il bisogno, quanto la verità necessiti della sua messa in scena per essere tale; il tutto indipendentemente dal posizionamento etico o da qualsivoglia predica imperialista.Killer Elite, infatti, non è un manifesto critico sulla politica bellica occidentale, non vuole assolutamente ambire al giudizio, mettendo in tavola delle carte che risultano spiazzanti nel rivendicare quanto a totem della contemporaneità ci sia l’individualismo più sfrenato, repulsivo nei confronti di ogni forma di moralità, tutt’altro che esitante nell’invadere gli spazi privati degli altri (gli ex membri della S.A.S) per tutelare i propri, siano questi una storia d’amore o il desiderio di mettere da parte un bel gruzzolo di dollari.
La carne al fuoco finora servita non ha però il giusto trattamento sul lato prettamente visivo, ricalco di un genere che pur non guastando con certe soluzioni action (il corpo a corpo tra Statham e Owen su tutti), stempera forse troppo la vena tensiva più propria del thrilling. Appare sì evidente come il regista cerchi di far deragliare l’opera in un mood decisamente autoironico, incarnato da personaggi quasi svogliati e nell’affrontare i ruoli propri dell’immaginario di riferimento, ma manca l’inventiva nel senso più ampio del termine. Si respira un’aria di anticonvenzionalità negli intenti che però non prende luce in toto, salvo nella sequenza iniziale della fuga già svilita in partenza da un uso dei tempi che ne prefigura il ridimensionamento e la non riuscita. In fin dei conti è un fregarsene dello specifico campo di gioco (anche il cibo è tutto uguale e fa schifo) per ambire a una quiete di puro egoismo, l’unica soluzione, lucida e disinteressata, per staccarsi da un gioco al complotto che di collettivo ormai ha ben poco. Lo scacco finale di Spike pronto a raggiungere l’Oman per terminare lo Sceicco ne è l’inconfutabile prova. Ed è un De Niro alla frutta a fungere da Oracolo, quasi a volerci dire che l’esperienza insegna.