Kenji Mizoguchi | DICONO DI LUI

La morte di Mizoguchi non cesserà mai di essere una perdita per il cinema giapponese.È il regista giapponese che più ammiro e rispetto. La grande dote di Mizoguchi era il suo inesausto tentativo di riempire di realtà ogni scena. Non è mai sceso a compromessi. Mai facilmente soddisfatto, lavorava in continuazione su ogni elemento finché non raggiungeva la sua visione. Una natura eccezionale… perseguitato dalla sua idea, Kenji Mizoguchi lavorava duramente, in modo incrollabile, cercando di realizzarla.

Akira Kurosawa

Il suo realismo implacabile si applica esattamente allo stesso modo ai film in costume e a quelli ambientati in epoca contemporanea: è una delle ragioni per cui è stato paragonato a Rossellini. Mizoguchi filma degli eventi che non sono mai vissuti come ricostruiti: il suo stile ricopre e rende uguali, anche se i soggetti sono differenti, i film storici e quelli coevi.In tutti i suoi film il problema centrale è l’articolazione dei sentimenti, del desiderio e del denaro: è possibile, in una società feudale o moderna, che un desiderio o un amore possa manifestarsi senza essere assoggettato, oppresso, ostacolato o distrutto da rapporti economici? Per me Mizoguchi è, con Bresson e Godard, il più grande cineasta del denaro.
Jean NarboniSe la poesia è palese a ogni istante, ogni inquadratura di Mizoguchi è il riflesso istintivo della nobiltà creativa del regista.
Jean-Luc Godard

In questo consiste il genio di Mizoguchi: la cinepresa scivola nella storia con i personaggi e al tempo stesso è lei a condurre il gioco, senza averne l’aria. Molière affermava di andare dal parrucchiere per osservare dei tipi umani: Mizoguchi fa lo stesso con il bordello, che è un magnifico teatro. Mizoguchi è estremamente preciso nel dirigere gli attori: li posiziona nello spazio e li fa muovere esattamente come se fossero personaggi della vita.
Jean Douchet

Mizoguchi non è un esteta: la bellezza è per lui qualcosa d’istintivo. Ozu ha una tendenza a essere esteta, Mizoguchi non l’ha affatto. Quel che è essenziale per Mizoguchi è la realtà: non la realtà piatta, ma la realtà ricostruita attraverso piccoli dettagli della vita che, senza essere violenti, toccano davvero il cuore degli spettatori.
Shiguehiko Hasumi

Quel che più m’interessa nei film di Mizoguchi è la dimensione del sacro. E’ possibile una definizione del sacro che rinvia a una questione di spazi, e il cinema evidentemente si occupa dello spazio. Il sacro rimanda al gesto di delimitare uno spazio distinto da quello profano, dallo spazio indifferenziato in cui tutto è possibile. Nelle opere di Mizoguchi questo spazio dell’insicurezza permanente è la foresta. Nelle società primitive si definisce uno spazio, il tempio, che resiste alla violenza perché lì il sacerdote esercita una violenza assoluta: l’uccisione di una vittima innocente.
In Mizoguchi la questione dello spazio è sempre presente. Nella scena della traversata del lago ne I RACCONTI DELLA LUNA PALLIDA D’AGOSTO non c’è più separazione, tutti gli elementi si confondono. La violenza è il caos, l’indifferenziato, la lotta di due elementi ugualmente forti, senza che ci sia un vincitore. E’ il momento in cui il film sta per precipitare nella violenza: rendere il caos con tale estrema dolcezza è l’altro polo del sacro.
Jean ColletUn tremendo potere emotivo… un simile artista può distinguere le linee del disegno poetico dell’essere. E’ capace di oltrepassare i limiti della coerenza logica, comunicando la profonda complessità e verità di connessioni impalpabili e fenomeni nascosti della vita.
Andrei Tarkovsky

Tra i film di Mizoguchi, quello che produce l’effetto forse più sconvolgente è L’INTENDENTE SANSHO: l’incipit ti fa credere di entrare in un racconto molto classico, narrativo e un po’ decorativo e quasi subito sconvolge la posizione del narratore e la costruzione temporale, dando vita tutt’a un tratto a qualcosa di molto crudele e teso, intenso e inquietante a partire da una situazione melodrammatica.
Jean-Michel Frodon

Ho sempre amato molto i film di Mizoguchi. Quanto alle influenze, ho tratto la tecnica da tutto quello che ho visto, ma le uniche influenze specifiche che riconosco sono quelle di Orson Welles, per il suo uso del piano sequenza e della profondità di campo, e Mizoguchi, per il suo uso del tempo e del fuori campo.
Theo Angelopoulous

Se si vuole comprendere Mizoguchi non bisogna comprendere il Giappone, ma la mise en scène. Solo Mizoguchi ispira il sentimento di un linguaggio e un universo specifici che non hanno nessuno cui rispondere, a parte se stessi e il regista.
Jacques RivetteNel primo numero dei “Cahiers” che ho acquistato parlavano dei Racconti della luna pallida d’agosto. E’ il film di Mizoguchi chepreferisco […] I suoi sono dei mélo sublimati, caratterizzati da un modo semplice di affrontare il dramma di ogni personaggio, calandolo in un paesaggio rappresentato in una maniera molto vicina a quella di John Ford […] C’è un momento sublime nel film, che corrisponde al suicidio della sorella. Ricordo bene l’inquadratura in cui la donna si getta nell’acqua circondata dagli alberi, colta in totale. Poi la macchina da presa stringe su di lei, ma non ci sono che le onde, i cerchi nell’acqua.
Jean-Claude Brisseau

A noi spettatori occidentali il cinema orientale ha da sempre offerto un’ampia varietà di temi: Akira Kurosawa raccontava storie di uomini, Ozu storie di famiglie, Naruse storie di coppie e Mizoguchi raccontava storie di donne, a parte qualche eccezione… […] Le sue eroine sono viste sempre come esseri in rivolta o schiacciati dalla struttura di una società che gioca un ruolo particolarmente crudele (lo si vede ne Gli amanti crocifissi o Vita di O-Haru) […] E’ questa sorta di sadismo verso le donne che sembra muovere la società che Mizoguchi mette in scena, magari partendo da esperienze personali, la frequentazione di geishe (si dice che sia stato pugnalato da una di loro, che forse aveva tradito…). Tale rappresentazione comprende la fase della rivolta di alcune di queste donne e tale tema ha segnato il suo stile, così come fondamentali sono state le interpretazioni delle sue splendide attrici […] C’è sempre qualcosa o qualcuno che taglia nei suoi film, quasi sempre storie di coltelli (si veda l’assassinio ne L’intendente Sansho). Ci sono sempre storie di uomini accoltellati o donne crocifisse. I suoi film hanno l’odore del sangue.
Pascal Bonitzer

Il problema principale riguardo a Mizoguchi è rappresentato dal fatto che non è possibile analizzare i suoi film. Da ciò deriva la sua grandezza. Non c’è psicologia, la sua è una forma particolare di lirismo. […] In Mizoguchi abbiamo l’evidenza dell’essere umano  […] Movimenti di rara bellezza, una forma precisa nonostante girasse i suoi film molto velocemente. Quando la mdp si allarga ad inquadrare il mondo, sembra inghiottire e comprendere ogni cosa. I suoi film possono essere raggruppati in tre filoni: quello storico, quello semi-fantastico/medievale e quello delle puttane, filone importantissimo incentrato sulla dignità inalienabile della donna, qualunque sia il suo stato sociale. […] A differenza di altri registi giapponesi che sembravano realizzare film per vincere premi al festival di Cannes, strizzando l’occhio allo spettatore occidentale, Mizoguchi non si preoccupava che di quello che doveva dire, non si curava dello spettatore giapponese, figuriamoci di quello occidentale.  […] Il Giappone mitologico di Mizoguchi non è mai esotico ma è diretto, lascia che l’invisibile si mostri e riesce a renderlo concreto, non in maniera analitica. Esattamente come Max Ophuls. […] Niente psicologia, solo esseri umani e società. Mizoguchi era interessato alle lotte interne alla società. […] Gli amanti sono crocifissi perché condannati dalla società […] Nelle sue storie di prostitute, Mizoguchi sembra provare che non c’è degradazione possibile per le donne. Sono rimasto colpito dal fatto che l’impasse nella quale le costringe la società non le scalfisca minimamente: rimangono trionfalmente loro stesse. Potremmo definire Mizoguchi tanto sociale quanto lo è il Kurosawa di Barbarossa, ma in maniera più sottile, meno didascalica. Ritengo Mizoguchi il cineasta dell’estremo oriente perché è stato l’unico ad averci fatto sentire il suo paese, la sua società, finalmente vicini alla nostra e perfettamente comprensibili.

Claude Chabrol

Il cinema di Mizoguchi è insieme realistico e fantastico. Come in Goya, le luci variano in maniera non realistica, quasi da rendere impossibile stabilire da dove provenga la fonte luminosa. […] La sua è una purezza semplice, il cui motore è l’emozione: donne umiliate, prostituite… E’ stato il regista delle donne, che faceva splendidi ritratti femminili di donne in fuga o vendute. La sorpresa e l’invenzione sono costanti del suo cinema.
Jacques Doillon

Tutta Parigi deve correre a vedere questo film: quelli che amano il cinema e quelli che se ne infischiano, quelli che s’interessano al Giappone e quelli che non se ne curano. Come tutte le grandi opere, fa saltare le barriere dei generi e le frontiere delle nazioni. Non si può immaginare migliore ambasciatrice della cultura nipponica di questa storia tratta da leggende medievali e di cui i sottotitoli ci permettono di apprezzare la straordinaria poesia. Avrete la rivelazione di un mondo in apparenza molto diverso dal nostro ma, nel profondo, del tutto simile. Toccherete con mano quel fondo comune di umanità, quel crogiolo da cui sono usciti tanto l’Odissea quanto il ciclo della Tavola Rotonda, con cui I RACCONTI DELLA LUNA PALLIDA D’AGOSTO presenta sconcertanti analogie.

Se amate i film giapponesi, andate a vedere questo: è il più bello. Se quelli finora giunti sui nostri schermi vi hanno deluso, ecco l’occasione di rifarvi. Senza dubbio Kenji Mizoguchi (…) è stato il più grande cineasta del suo Paese. Ha saputo praticare con rigore un’arte nata in altri luoghi e di cui i suoi compatrioti non sempre si erano serviti al meglio. E tuttavia non si trova in lui alcuna volontà servile di copiare l’Occidente. La sua concezione dell’inquadratura, della recitazione, del ritmo, della composizione, del tempo e dello spazio è del tutto nazionale, ma egli ci tocca allo stesso modo in cui hanno potuto toccarci Murnau, Ophüls e Rossellini. Per il regista, come per il poeta, non c’è che un solo grande tema: l’idea dell’unità nascosta sotto la diversità delle apparenze, ovvero, in termini drammatici, la ricerca esaltante e ingannatrice di un paradiso in cui “tutto è lusso, calma e piacere”. E tale motivo è in questo film il cuore stesso della fabula, che ci mostra i miraggi di cui sono vittime due contadini, tentati, l’uno, come Don Chisciotte, dal demone della guerra, l’altro, come Lancillotto, da quello dei sensi. Ma l’idea tradotta in immagini non ha nulla di astratto e, in questo caso, è evidente la superiorità del Giapponese su noi, uomini occidentali, incapaci di visualizzare sullo schermo il fantastico. I nostri film in costume puzzano di mascherata, i nostri film fantastici di trucco. Questo film, no. L’eleganza di scrittura del film, la raffinatezza di tutti i suoi dettagli sono per noi ricche d’infiniti insegnamenti. Ma tranquillizzatevi, non pretendo di mandarvi a vederlo come se fossimo a scuola. I RACCONTI DELLA LUNA PALLIDA D’AGOSTO ha, oltre a tutto il resto, una qualità di cui avreste potuto dubitare, leggendo il mio ditirambo. È un film vivo, appassionante, lieto, facile, di volta in volta emozionante e ricco di humour. Non c’è quel carattere solenne, astruso, tipico dei capolavori. Nessun accento ieratico, nessuna lentezza da Estremo Oriente. Sarete al contrario sorpresi, quasi delusi, di vedere apparire così in fretta sullo schermo la parola FINE.
Eric Rohmer