JULIE WALKING HOME

Anno Produzione2002

TRAMA

Julie, rientrando a casa, dopo una vacanza con i due figli gemelli, trova il marito a letto con un’altra. Abbandonata la casa, si rifugia dal padre, fervente cattolico. La malattia improvvisa di uno dei figli determinerà un convulso succedersi di avvenimenti che porteranno i due coniugi a riavvicinarsi. 

RECENSIONI

Mystic Pizza

Inizia, prologo a parte, come centinaia di film (la scoperta del tradimento del marito), continua come centinaia di fiction televisive (la scoperta del male incurabile del figlio), poi arriva ad una svolta, apre tante strade e sceglie di seguire quella più facile, lasciando aperte (o perdendo) le altre. Agnieszka Holland ci sa fare con i bambini (basta ricordare il riuscito "Il giardino segreto"), ma questo, insieme alla bella prova di Miranda Otto (inteprete di un personaggio antipatico e privo di ironia), non salvano il film dal pasticcio pretenzioso e inconcludente. L'idea di cambiare registro e di passare dall'ospedaliero al mistico è interessante. La protagonista, infatti, presa dalla disperazione per il progredire del cancro del figlio allergico alla chemioterapia, decide di rivolgersi ad un guaritore polacco. La parte girata in Polonia è forse la più riuscita del film, perché aumenta la curiosità verso i personaggi ed il loro destino e mostra un fenomeno molto diffuso ma non così frequentato dal cinema. Peccato che scada in una davvero becera, banale e poco credibile storia d'amore. Tra l'altro l'amore descritto e di quelli insopportabilmente noiosi, volti al possesso dell'altra persona più che alla condivisione. La caduta libera della narrazione procede con imbarazzanti parallelismi tra sesso e purezza, malattia e tradimento, guarigione e amore, ennesimo specchio acritico di un sistema sociale fondato sui sensi di colpa. Il finale si sfilaccia ulteriormente, disorientando lo spettatore senza costruire la necessaria empatia per credere ai personaggi, alle loro motivazioni e alle loro scelte.
Risultato: un azzeramento del coinvolgimento e molti dubbi, senza alcun desiderio di risolverli.

Julie torna a casa

Non parte male il film della Holland riuscendo, nella primissima parte, a toccare con buona disinvoltura una serie di tematiche intrecciate niente affatto scontate. Sembrano mescolarsi bene, infatti, i temi del rapporto a due, dell'agnosticismo dei coniugi, della religiosità del padre di lei, della malattia del figlio, della tentazione di abbandonare le terapie tradizionali ormai inutili, di affidarsi a una fede che si presenta come ultima spiaggia e come (im)possibile ancora di salvezza: la presentazione della lotta tra Ragione e Superstizione, tra Coerenza e Disperazione lascia davvero ben sperare; peccato che rimanga tutto a livello di enunciazione e che, al momento di approfondire, gli autori (Zanussi tra questi) si diano alla latitanza. Dunque un incipit che è un fuoco di paglia: da quando Julie si reca in Polonia per condurre il figlio dal guaritore, il film precipita in un buco nero, perde in compattezza, diventa assurdamente mieloso, si trasforma nell'ennesimo sceneggiato televisivo di pessima fattura. La storia d'amore tra la protagonista e il guaritore sembra appicicata col nastro adesivo ed è completamente sconclusionata, l'analisi del matrimonio di Julie, fino ad allora piuttosto interessante, naufraga in un mare di déjà-vu. La Holland, che ha un passato - remoto - piuttosto dignitoso si è decisamente piegata alla logica della pagnotta coproduttiva. Buon per lei, male per i frequentatori dei festival che la incroceranno regolarmente. Una nota di merito all'interprete Miranda Otto, una bravura che scivola via, sopraffatti, come si è, dall'intenzione di rimuovere quanto visto al più presto.