Amazon Prime, Azione, Thriller

JOHN WICK 4

Titolo OriginaleJohn Wick: Chapter 4
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2023
Durata169'
Fotografia
Montaggio
Scenografia

TRAMA

Dopo essere sfuggito alla Gran Tavola, John Wick si nasconde sottoterra a New York con il Re di Bowery, preparandosi alla vendetta.

La saga:
John Wick
John Wick – Capitolo 2
John Wick 3

RECENSIONI

Il sempre redivivo John Wick, capace di prendersi proiettili, coltellate, e botte da orbi senza lasciarci le penne, è tornato, per chiudere i conti con la Gran Tavola, apice della fantamafia messa in scena da Chad Stahelski quasi dieci anni fa. La missione vendicativa del Nostro (anti)eroe – in una guerra fra criminali e criminali giusto un po’ più etici – ha il sapore di un’epica contemporanea, quasi del tutto privata dagli orpelli di una trama, e giocata sul filo di un’adrenalina costante. Non più incazzato, John Wick, che ormai agisce quasi per inerzia, è sempre più intercambiabile con il Keanu Reeves del meme: Sad Keanu.
Tanto basta per concludere (?) una saga di tutto rispetto, e, anzi, a essere un po’ azzardati, a consacrare Stahelski ad autore in senso pieno. Glielo si deve per una serie di motivi. Anzitutto si ricordi che il regista prima di essere tale è stuntman di lungo corso. La faccenda ha un valore, nella misura in cui con John Wick 4 (come con gli altri tre, ma di più) si vuole magnificare il ruolo negletto per eccellenza nella storia del cinema. Quello dei senzanome e senzavolto che si lanciano dai grattacieli in fiamme o dalle automobili in corsa per salvaguardare i faccini preziosi delle star, che invece godranno dei proventi di tali spericolatezze.
Se gli stuntman e le stuntwomen, cuori pulsanti del cinema d’azione e non solo, sono sempre stati relegati all’anonimato, Stahelski passando dietro la macchina da presa sancisce con quest’ultimo capitolo la dignità totale e inappellabile del ruolo del “cascatore”, ancora una volta invertendo quel rapporto che invece si darebbe per scontato: non sono più i combattimenti e le sparatorie a essere funzionali allo sviluppo narrativo, ma esattamente il contrario. Scampoli di racconto servono solo a scatenare lotte sempre più spettacolari, coreografie che susseguendosi attraverso una regia attentissima e alle volte pirotecnica (tutta la parte in zenitale negli interni parigini divertentissima, ad esempio) consentono a John Wick 4 di esplorare e omaggiare stili di combattimento diversi, unendoli sotto l’egida di un film dove con discreta coerenza tout se tient. Arti marziali cinesi e giapponesi, kung fu movie e wuxiapian, catane per la parte in cappa e spada, shuriken e nunchaku ad ammiccare all’immaginario ninja. Pistole, mitra, proiettili esplosivi, parti in stile SWAT con armi automatiche e vecchi revolver western. Lotta libera, inseguimenti a cavallo, cani rabbiosi e risse dopo partite di poker truccate. Tutto concorre a ostacolare l’espiazione di John Wick, personaggio quasi muto orientato solo a liberarsi dal giogo di un sistema criminale fatto di antiche usanze e codici (è quella che oggi chiamerebbero la lore di John Wick), un po’ d’appannaggio piratesco (il parley di caraibica memoria), un po’ di bruta crudeltà sia orientale (il dito tagliato in stile yakuza), sia est-europea (il Nostro è bielorusso e fa parte di una “famiglia” dai metodi eufemisticamente burrascosi), sia mitteleuropea (i francesismi ridicoli del Marchese Vincent De Gramont, villain del capitolo), sia naturalmente, americana (emblematizzata dall’Hotel Continental, qui raso al suolo come rappresaglia della Tavola nei confronti dell’indisciplinato John). Questa è la Tavola, una nobile istituzione di farabutti, tenuta assieme da patti d’onore e capace di tipologizzare varie forme di violenza come fossero specifici linguaggi, tant’è che John parla poco ma picchia tanto e in tanti modi spassosamente diversi, e le zuffe a volte ci divertono come fossero delle barzellette.

Se il primo film ancora tentava di preservare un certo retaggio noir, che man mano di pellicola in pellicola andava annacquandosi per svelare le carte del progetto stahelskiano di ricostruire l’action movie nella maniera meno ipocrita possibile, nel quarto siamo dunque all’exploit definitivo, anche in termini di sospensione dell’incredulità. Perché John Wick non è semplicemente umano, né lo è il cabaret di personaggi che gli gravitano attorno. Nessuno può credere che fra i più temibili degli assassini ci sia, ad esempio, il non vedente Caine, interpretato da un magistrale Donnie Yen, che lotta in stile Wing Chun ma infine se la vede con John in un duello tutto, incredibilmente, western. Nessuno può dare per verosimile che il Nostro, pur avendo la fama di ammazzatutti, riesca a uscire indenne dopo essere stato attaccato, contemporaneamente, da decine e decine di esperti sicari muniti di tutto punto (pur protetto dal suo improbabile vestito antiproiettile, donatogli da Laurence Fishburne alias Bowery King, il Morpheus che eleva il film a una specie di apocrifo Matrix, Wachowski e Wachowski 1999). Nessuno ancora potrebbe bersi che questa specie di dark side del mondo, popolato da assassini casinisti, possa fare ciò che vuole nel centro di Parigi senza che compaia l’ombra di un poliziotto. E invece tutto ciò, in John Wick 4, che mutua tutta una serie di stilemi videoludici tipici del first-person shooter per dargli definitiva dignità cinematografica, è verosimile. Lo accettiamo, ci piace, e se non ci piace è una questione di gusti, ma se non lo accettiamo allora non abbiamo capito il film.
Il mondo che abitiamo noi, ordinari cittadini disarmati, non è che l’arena ove possono esibirsi gli assassini, vestiti di tutto punto, eleganti oltremodo. Siamo noi a essere ridotti a NPC (personaggi non giocabili), sfondo, come quelli di uno scenario di Street Fighter, mentre i reietti se le danno, come dimostra la sequenza berlinese, ambientata in una discoteca underground dove Wick si scontra con Killa – che, per l’appunto, sembra più il boss intermedio di una saga videoludica o fumettistica che un tizio da prendere per davvero sul serio – mentre attorno a loro non curanti intere folle di persone continuano a ballare. Come se non ci fossero, ridotte a pura scenografia umana. C’è da crederci? Naturalmente no. Al contrario, c’è da godersi quello che è un diverso Umwelt, per essere noiosamente tecnici, costruito puntigliosamente dalla saga e magnificato nel quarto capitolo anche attraverso un’attenzione specifica alla fotografia, nitida e contrastata come si conviene per battaglie notturne fra Osaka e Parigi, e al montaggio (una delle poche note stonate, a dire il vero, poiché alle volte non proprio pulitissimo, ma tant’è).
E ora che John Wick non è più una umile proposta al mondo del cinema, ma una garanzia – tanto da aver prodotto nel decennio una discreta mole di film-cloni, alle volte di tutto rispetto (Atomica bionda, David Leitch 2017), alle volte così così (Bullet Train, David Leitch 2022) – può anche concedersi il lusso di svelare le sue meta-carte. Lo fa in alcuni momenti in maniera forse ancora un po’ grezza (il cane che fa la pipì sulla faccia del cattivone spagnolo è, per così dire, quella concessione comica di cui potevamo fare a meno), in altri omaggiando in maniera manifesta una specie di John Wick ante litteram, nella lunga e commovente citazione a I guerrieri della notte (Walter Hill 1979) del pre-finale (per intenderci, la sequenza dell’annunciatrice radio del famoso: “Good news, Boppers: The big alert has been called off”).
Non resta dunque che godersi questi 170 minuti di sparatorie, coltellate e sberloni, fino al duello finale. E lì, in questa ultima seduta psicanalitica a suon di rivoltella, abdicare all’impulso di provare a contare i cadaveri abbandonati lungo la via, e assistere alla penitenza definitiva del povero John Wick, orfano di moglie, cane, e mustang, ma forse, finalmente, catarticamente libero.
Se Niccolò Rangoni Machiavelli, da cui raccogliamo umilmente il testimone, concludeva la recensione di John Wick 3 con il presente progressivo – “Qui si sta facendo la storia del cinema d’azione” – con John Wick 4 ci sentiamo di azzardare una svolta al passato prossimo: qui si è (ri)fatta la storia del cinema d’azione.