TRAMA
Due carcerati riescono a scappare dalla prigione scavando un tunnel sotterraneo, ma appena fuori scoprono che …
RECENSIONI
Il Silenzio è d'Oro
Comincia scimmiottando “Le ali della libertà”, poi sfocia nella totale demenza. Il genere carcerario continua a fare proseliti (o vittime, a seconda dei gusti) raccontando di grandi fughe organizzate all’interno di prigioni vissute come allegri ostelli della gioventù (il sciapo “Lucky break” di Peter Cattaneo docet). Nel film di Kim Sang-jin (autore di commedie di travolgente successo in patria), la fuga è però solo un pretesto per costruire i fondamenti di una sgangherata commedia che si scatena, appunto, non appena la libertà diventa un dato di fatto. Di cliché in cliché si passa quindi dal genere carcerario alle coppie male assortite. Pur con momenti divertenti e nonostante la totale identificazione degli attori con i personaggi, il film diventa presto insopportabile. La causa principale è la ricerca spasmodica di un ritmo forsennato da imprimere al racconto. Dopo un po’ infatti la storia ristagna e gira a vuoto, ma i personaggi continuano a correre come pazzi e, soprattutto, a urlare senza sosta come ossessi. È curioso come l’effetto di questo circo ambulante sia alla fine tutt’altro che adrenalinico. È come se il frastuono schiacciasse psicologie e caratterizzazioni fino a renderle sovrapponibili o, meglio, piatte come un encefalogramma. Chi riesce a sintonizzarsi, riuscirà probabilmente a divertirsi.
