TRAMA
Primo episodio: un autista che trasporta Ferrari rubate dall’Italia a Dubai è affiancato, nella sua ultima trasferta, dal ragazzo che prenderà il suo posto._x000D_
Secondo episodio: a San Pietroburgo per un convegno, un dentista romano assaggia la dolce vita locale e rischia di rimetterci le penne.
RECENSIONI
Vizi privati e pubbliche virtù di italiani (temporaneamente o no) all’estero: ladri, doppiogiochisti, traditi e traditori, satiri o repressi, comunque, in fondo, brava gente, con il coraggio delle proprie azioni, l’orgoglio delle radici ausonie e, inutile a dirsi, la chitarra in mano. Così ci vedono Giovanni Veronesi e i suoi sceneggiatori, in questo deprimente Italians che ribadisce, come se ce ne fosse bisogno, che due storie appena sbozzate non diventano un dittico solo per il fatto di avere alcuni elementi narrativi in comune (la canzone melodica, la malavita organizzata, i personaggi femminili ridotti alla squallida alternativa angelo/puttana). Il primo episodio è il classico viaggio iniziatico con conflitto cultural-generazionale, in cui l’appeal del deserto arabo (per quanto ridotto a cartolina), la verve di Castelletto (meno legnoso del prevedibile) e i begli occhi di Scamarcio non bastano a far dimenticare le trovatine da farsetta (la scenetta nel carcere, l’epilogo “liberatorio”) e le virate “serie” da pessima fiction (il dialogo con la bella velata e il finale con prevedibile rivelazione et pistolotto moral-assolutorio). Nel secondo mediometraggio le vicende del dentista romano a caccia di “nipotine” nella sontuosa e dissoluta San Pietroburgo (altro fondale men che turistico, alla faccia del disprezzo ostentato dal personaggio di Giulio per i compatrioti che non vedono più in là del loro… naso) ispirano a Veronesi una sottospecie di blando remake comico di Eyes wide shut, integrato da brandelli di mediocre action movie, che alla fine si trasforma - sconsolante mutazione genetica - in un melenso inno alla rinascita (l’unico guizzo registico è, nel prefinale, la scelta delle inquadrature, con la rete sulla sabbia che “diventa” la gabbia dell’orizzonte di vita del protagonista e al tempo stesso la frontiera di una nuova esistenza possibile). Verdone fa tutto il possibile, ma gli anni passano per tutti. La Rappoport sfoggia una bella intensità, anche se abiti e trucco la fanno sembrare una Valeria Golino russa, nemmeno tanto più simpatica dell’originale. Se questi sono gli epigoni della commedia all’italiana, meglio i Vanzina. In fondo anche loro raccontano gli italiani all’estero, e in modo meno pretenzioso.
