TRAMA
Inghilterra. Quando Louisa Clark perde inaspettatamente il lavoro da cameriera accetta quello di badante di Will Traynor, giovane rampollo di una ricca famiglia, immobilizzato dopo un tragico incidente.
RECENSIONI
(spoiler)
Di Io prima di te è interessante il modo in cui gioca con i cliché della commedia romantica, come indirizzi lo spettatore verso certe aspettative e come alla fine ribalti nella sostanza le logiche del genere di riferimento. Film di confezione ammiccante con una drammaturgia che gioca sulla prevedibile schermaglia (la ragazza, assunta come badante di Will, giovane immobilizzato dopo essere stato investito da una moto, è respinta dall'uomo e programmaticamente scoraggiata dal proseguire nel compito che le è stato affidato), personaggi stereotipati (lui è un falso cinico e un vero bello, lei è una ragazza simpatica e stravagante - l'attrice viene da Game of Thrones, lui dalla saga di Hunger Games, tanto per creare empatie immediate in una fascia di spettatori -), ambientazione da manuale e strategica distanza sociale (il milieu proletario in cui si muove la ragazza, fatto di umanità e calore; il paesino nel quale vive, da cartolina illustrata; la magione in cui abita lui, sorta di reggia delle favole), colonna sonora ammiccante (Craig Armastrong + brani trendy). Se il racconto si sviluppa secondo le previsioni, l'ombra della morte, peraltro, si allunga fin dall'inizio. Il ragazzo vuole farla finita, ha già preso contatti per un suicidio assistito, e la missione della ragazza è soprattutto quella di fargli ritrovare la voglia di vivere, dissuaderlo dal suo proposito. Ciò che sembra accadere: scoppia l'amore, lei è felice, lui pure, si direbbe. Ma - ed è qui la sovversione - l'amore non vince tutto, non vince la sofferenza, non giustifica il sacrificio, non smussa le asperità della condizione di Will. L'amore, soprattutto, non può essere l'unica ragione per andare avanti, anzi, è ciò che fortifica l'intento suicidale: Will non accetta che Lou sacrifichi se stessa e la sua vita sull'altare della sua malattia, rifiuta un'esistenza diversa da quella che, da sano, amava vivere. Quindi - rivelazione - Will non è mai arretrato di un passo dal proposito di morire, continua a volerlo e lo otterrà.
Quello della morte è un tabù che la commedia affronta sempre più spesso: ci aveva provato, con un buon esito, Quel fantastico peggior anno della mia vita (Me and Earl and the Dying Girl), anche se la problematicità del tema mortuario veniva disinnescata dagli autorialismi (propri e derivati) tipici del terreno indie nel quale la pellicola si muoveva. In ambito più commerciale mi era sembrato perversamente astuto, direi quasi sperimentale - tanto risultava estremo e, nella sua esagerazione, declinato magistralmente, non tralasciando alcuna possibilità di commozione - l'impianto ricattatorio del sottovalutato Colpa delle stelle dove gli innamorati protagonisti erano entrambi malati terminali e in cui la questione del decesso diventava una sorta di scommessa (anche per lo spettatore) a chi avrebbe sofferto per l'altro. Il caso di Io prima di te è ancora differente poiché è un lavoro che procede per convenzioni automatiche per tre quarti della sua durata per poi svelare a sorpresa il nodo decisivo: il diritto alla morte. A quel punto l'espressione dei pareri avversi, la rabbia, la disperazione, l'accettazione, la fermezza dell'intento sono elementi resi con una cura che il film, per certi versi, fino a quel momento non aveva dimostrato. A metà strada tra l'occhiolino politico e il film-dossier schierato, Io prima di te usa gli strumenti del cinema popolare per mandare un messaggio preciso (molto forte in un paese cattolico come il nostro, ad esempio, in cui un dibattito sereno sull'eutanasia è pura utopia, figuriamoci sul suicidio assistito). E lo fa, cosa non da poco, alle spese del sentimento, la sostanza di cui sembrava fatto: l'amore serve a vivere anche in una condizione di disagio estremo? No, in una situazione del genere serve a morire con dignità. E il finale, che riesuma il romanticismo a tempo quasi scaduto, ribadisce, con un colpo d'ala, il principio.