Recensione, Western

INVITO AD UNA SPARATORIA

Titolo OriginaleInvitation to a gunfighter
NazioneU.S.A.
Anno Produzione1964
Genere
Durata92’

TRAMA

New Mexico, 1865: un ribelle sudista è accusato di aver ucciso chi gli ha portato via la dimora al suo ritorno dalla Guerra. Viene assoldato dal paese un killer professionista per fare giustizia sommaria.

RECENSIONI

Insolito, stupefacente western da parte di quel Richard Wilson che, qui anche produttore e sceneggiatore, è stato al fianco di Orson Welles sin dal 1937, prima in teatro, poi in radio e cinema: se non eguaglia il talento visionario dell’enfant prodige, è altrettanto capace nell’elaborare la materia e sorprendere nel modo in cui rivoluziona dall’interno tematiche e stilemi di genere. Il personaggio affidato a Yul Brynner è uno dei più affascinanti ed ambigui nell’olimpo dei pistoleri: creolo di New Orleans per intrecciare un non qualunquistico discorso sul razzismo, tutto vestito di nero, dal portamento fiero e nobile che non lascia trapelare niente di sé mentre nulla sfugge al suo sguardo (e al suo orecchio: bella invenzione, ottimamente resa dal montaggio, quando pare udire lo sparo della sua preda). È un romantico dedito al proprio ingrato mestiere o un sadico che prova piacere nello stuzzicare le vittime? Pare seguire un codice morale da samurai ma le sue parole e azioni spiazzano qualsiasi definizione preconcetta: peccato solo che, verso il finale, i suoi atti appiano più improbabili o più prevedibili. Diventa il catalizzatore e lo strumento dell’odio in un film che, sin dalle prime battute, fa deflagrare questo sentimento: Wilson continua a sottolinearlo, persino nei rapporti amorosi, perché dietro c’è un approccio autorale, un centro motore, una poetica al di là dei meri avvenimenti descritti. Il racconto si fa mitopoietico ed epico, la lotta è contro l’ipocrisia e la corruzione, i “ribelli” sono esaltati fino all’istituzionalizzazione della frode e dell’ingiustizia. Per questo alla fine sono i confederati, simbolo di rivolta, a vincere moralmente contro il nord. Tutto spiazzante ad eccezione del tema del duro di cuore intenerito dall’amore ma Wilson profonde continui preziosismi tecnico/artistici/lirici come quando, in soggettiva, un ubriaco Brynner umilia i subdoli paesani o quando recita una ninna nanna francese accompagnata dal clavicembalo.