
Anno Produzione2023
Genere
Durata82'
Interpreti
Sceneggiatura
Musiche
TRAMA
Nel 1918 Zelinda è una bambina contadina con la madre in cielo e il padre in guerra. Le tocca smettere l’infanzia e indossare la casa, i fratelli, la stalla e le bestie. Un giorno Zelinda torna ad avere una madre e un padre.
RECENSIONI

Molto di quello che il film mostra è già racchiuso in queste parole: Invelle è la Storia vista dai margini, da uno di quei tanti nessun posti che legano indissolubilmente il Nord e il Sud del nostro Paese. Un racconto ad altezza di bambino (Zelinda prima, Assunta poi e infine Icaro) che si sviluppa lungo l’arco di un sessantennio in cui le microstorie degli umili, degli ultimi, di chi abita da sempre e per sempre il lato faticoso della vita, s’intrecciano con la Storia d’Italia: si va dal 1918, dalla fine della Prima guerra mondiale, passando per la Resistenza (1943), fino al 1978 con l’assassinio di Aldo Moro («La morte di Moro», m’ha detto Massi nell’intervista fattagli per Film Tv, «è la morte di tutto un paese: la sinistra si disgrega, implode, termina ogni forma di lotta; mentre il Potere inizia un processo lento, inesorabile, spietato con cui riuscirà a prendersi tutto, ogni singola conquista sociale»).

Massi è un artista che tiene la posizione, un animo resistente che porta avanti un’animazione antica, fuori dal tempo, fuori mercato: in bianco e nero screziata di rosso (il rosso della rabbia, della passione e del sacrificio), dura e spigolosa come un’incisione (fatta a pastelli a olio stesi su carta e poi graffiati con sgorbie e puntesecche ), ma sempre pulsante e in trasformazione (nel suo cinema non ci sono stacchi, anche Invelle è un ininterrotto pianosequenza che trasforma il racconto in un lunghissimo attimo, in un sospiro profondo nel quale sprofondiamo ed emergiamo per mezzo di continui zoom in avanti e all’indietro). Un’animazione che riesce, allo stesso tempo, a trasmettere, grazie a un incessante gioco di prestigio, solidità e leggerezza; che richiede fatica, a chi la realizza, ma anche anche a chi la guarda (gli stessi dialoghi, così come le identità delle sue figure - da lui qui utilizzate entrambe per la prima volta - non aiutano nella decifrazione della visione: i primi sfumano, s’interrompono; le seconde rimangono nascoste: non c’è mai un personaggio che chiama l’altro gratuitamente per dare l’informazione allo spettatore). Per tutto questo, ma anche per molto altro che ciascuno scoprirà vedendolo, Invelle è un miracolo di cinema. Un atto d’amore.
