Horror, Recensione

INTERVISTA COL VAMPIRO

Titolo OriginaleInterview with the Vampire
NazioneU.S.A.
Anno Produzione1994
Genere
Durata122'

TRAMA

Il vampiro Louis racconta la propria non-morte a un giornalista.

RECENSIONI

I vampiri secondo Anne Rice: uomini stanchi di vivere, o per meglio dire stanchi di essere uomini, desiderosi di sfuggire a un deprimente orizzonte di miseria spirituale e fisica, pronti a cedere alla morte (le bare, i ratti) pur di ergersi a giudici e (im)pietosi boia dei propri (ex?) simili; l’Utopia è destinata a sgretolarsi al primo raggio di sole. Neil Jordan fa poco per sottrarre il film alle voluttuose spire di un glamour madido di lustra dannazione: confezione ammuffita quanto lussuosa, cast fotogenico e distratto (con la parziale eccezione di Kirsten Dunst, quasi una Shirley Temple di smanceroso terrore). Qualche contrappunto ironico (il varietà parigino) e alcuni squarci di serrata efficacia (la creazione di Claudia, l’irruzione del giorno nel pozzo carcerario) aiutano ad arrivare svegli fino all’imbarazzato/imbarazzante finale. Ne uccide più la moda...

Complice la meravigliosa sceneggiatura di Ann Rice (poco felice, però, che fosse Tom Cruise ad impersonare il suo Lestat), l’autrice che con il suo romanzo ha rifondato il vampirismo nell’horror, Neil Jordan compone un’opera dall’atmosfera conturbante, avvolta da tenebre romantiche (figurate e non: meraviglioso lavoro di Philippe Rousselot per una fotografia notturna ed infuocata, di Sandy Powell per i costumi, di Dante Ferretti per le scenografie), con venature spirituali, folgoranti iconografie, con lo stesso erotismo e scabrosità “delicate” della pagina scritta, in quanto resi simbolici di altro (la ricerca del sangue come dell’amplesso, l’amore senza confini precisi perché fra esseri “diversi” e senza sesso, la sfida ai limiti dei nostri pre-giudizi: vedi l'inquietante figura della bambina vampiro), rispettandone il tipo di passaggi evocativi ma traendone un oggetto molto diverso e ugualmente potente. Il miglior modo di parlare dell’uomo e delle crisi esistenziali che lo tormentano è quello di raffigurare tutt’altro, creando un parallelo: se in prima apparenza l’opera è tesa a umanizzare queste creature della notte, a fornire loro una psicologia profonda attraverso il loro raccontarsi in prima persona (la dannazione, la perdita dell'innocenza), in realtà si trasforma (come il romanzo) in un affresco di innumerevoli ed esaltanti rimandi sulla condizione vitale dell’umanità, affascinata e spaventata dalla Vita quanto dalla Morte, dal Bene e dal Male, in una rappresentazione che restituisce in allegoria le domande (e le sofferenze) più alte dell’esistenza (chi è Dio, da dove vengo, chi sono), portando a riflettere mentre si subisce il fascino nell’impatto così intimo e diretto con esseri alieni che, per il solo fatto di esistere (cosa succede se non si deve più rendere conto a Dio o al Diavolo essendo immortali?), ridefiniscono le coordinate dell’Etica. Rischiosi certi sprazzi ironici, ma il film contiene una citazione che è un atto di amore verso il cinema: Tom Cruise/Lestat che entra al cinema e vede L’Arrivo di un Treno dei fratelli Lumiere e afferma “Finalmente posso vedere la luce del giorno”. Due protagonisti superlativi (mentre Christian Slater ha sostituito il deceduto River Phoenix) nel film di vampiri più “adulto” mai visto al cinema.