Drammatico, Recensione

INSIDER

Titolo OriginaleThe Insider
NazioneU.S.A.
Anno Produzione1999
Durata160'
Fotografia
Scenografia

TRAMA

Il giornalista di un’emittente televisiva convince l’ex-dirigente di una compagnia di tabacchi a rivelargli dei compromettenti segreti aziendali: quest’ultimo viene isolato dai vertici della compagnia.

RECENSIONI

Sotto le vesti del thriller giornalistico alla Tutti gli Uomini del Presidente, con la scusa dello "scandalo" per una (oltremodo) sottolineata campagna antifumo (nata da un’inchiesta fatta da Marie Brenner su “Vanity Fair”), Michael Mann torna a scovare nella società moderna Cavalieri che non accettano compromessi, comunque dilaniati dal dilemma della scelta fra l'equo e l'interesse particolaristico, ma infine stoici nell’affrontare i mulini a vento e una più reale ingiustizia, fatta di colossi che mettono in ginocchio l’uomo comune, di pressione dell’ambiente che ti isola (con figure femminili negative fra materialismo e opportunismo: misoginia?). Un cinema speculare (come in Heat, dove i due antagonisti erano in realtà molto simili) e della/sulla integrità morale: potente, doloroso, commovente, dotato di un'anima (inside…). È emblematico il colpo di scena nella seconda parte, quando il giornalista interpretato da Al Pacino si ritrova nella stessa, dolorosa situazione della propria talpa (insider). Mann ha, oltretutto, stile da vendere: dalle soggettive iniziali, alla macchina da presa a mano, dall'uso espressivo dei silenzi e dei rumori di fondo (toglie spesso l'audio, seleziona un suono e lo amplifica: l’aspirapolvere nella hall d’albergo, la porta girevole) a quello lirico di ralenti calibrati e di un commento sonoro meraviglioso (se si eccettua l'abuso di cori angelici), è un cinema che non ha paura di prendere tempo per una pausa lirica, per riflettere a lungo assieme ai propri protagonisti, senza spezzare la palpabile tensione emotiva e morale, che a volte può nascere anche solo da un fax, da un allenamento di golf. Un cinema anche di attori, da un Pacino sempre (grande) uguale a se stesso a un Russell Crowe che, in un ruolo più difficile è, se non perfetto, certo encomiabile nel tentativo di esserlo.