Drammatico, Poliziesco, Recensione, Thriller

INSIDE MAN

TRAMA

Owen è a capo di una banda che entra in una banca, prende cinquanta ostaggi, ma è solo interessata al contenuto di una cassetta di sicurezza. Washington è il negoziatore.

RECENSIONI

Dentro il Sistema

Dentro la banca. Dentro il “centro di comando” avversario. Dentro il mainstream, prima volta per Spike Lee. Che sia un film di genere è presto svelato da Owen agli spettatori: non il “perché”, ma il “come” è il mistero da svelare. Lee dissemina i vezzi del suo cinema, ma sono solo segnali (più che segni) per poter ancora giustificare il “A Spike Lee joint”: la difesa delle minoranze etniche, gli assidui Washington e Terence Blanchard, qualche strizzatina d’occhio ad altri suoi titoli (Fa' la Cosa Giusta e Bamboozled), l’immancabile carrello che fa volare il personaggio sull’asfalto, i flash forward (le testimonianze degli ostaggi, ironiche e con buona simulazione di spontaneità), l’inciso moralistico per la gente nera (il bambino esaltato dal videogioco violento e dal rapper 50 Cent), il soundtrack “etnico”, il contrasto nero sboccato/bianco wasp, un po’ di paranoia da 11 settembre (in due divertenti/ciniche gag: il sikh scambiato per arabo e il filo-nazista che dovrebbe garantire per il nipote di Bin Laden). Quel che manca è il film “di” Spike Lee. Per fortuna è una buona marchetta: Lee orchestra un ritmo tesissimo dall’inizio alla fine e, come sempre, sposa perfettamente dramma e commedia, aprendo sipari divertenti (da citare il litigio fra poliziotti per svelare l’enigma posto da Owen) nella concitata partita d’intelligenza fra i due protagonisti. La natura da divertissement non permette di trasformare la rapina in banca in un’allegoria anti-Sistemica alla Quel Pomeriggio di un Giorno da Cani (citato), se non per un blando “I veri farabutti sono le persone perbene” e tanto cinismo sulla natura opportunistica dell’essere umano: la sottotraccia “nazista”, ad esempio, più che evocare la rabbia de Il Maratoneta, cerca il villain da fumetto. Discreta la sceneggiatura che procede per scatole cinesi, alla Mamet, scrive buoni dialoghi, riserva parecchie sorprese ma fa girare Hitchcock nella tomba con il MacGuffin svelato, un flash forward ingannevole (l’irruzione sanguinaria nella banca) e omissioni scorrette (la registrazione del colloquio con il sindaco, con aperte minacce, è diversa dalla scena cui assistiamo in diretta).