TRAMA
Buones Aires 1976: rapita sua moglie dal regime, Carlos Rueda, regista teatrale, ha delle visioni. Attraverso il contatto con i cari degli altri scomparsi ottiene la precisa percezione della sorte di quest’ultimi. Tale capacità dona speranza ai congiunti dei desaparacidos e preoccupa il governo.
RECENSIONI
Christopher Hampton,autore teatrale e sceneggiatore (LE RELAZIONI PERICOLOSE di Frears, tanto per citare qualcosa di buono), torna a collaborare con Emma Thompson dopo l'alquanto ingessato CARRINGTON, tentando di usare gli elementi di tanta letteratura sudamericana, il realismo magico di Marquez e compagnia, per narrare un dramma terribilmente reale come quello dei desaparacidos (il manifesto italiano riporta la scritta "da una storia vera", messaggio ambiguo fino alla malafede: la storia vera è quella dei desaparacidos, quella del film è tratta da un racconto di Lawrence Thorton). Idea interessante quella di partenza, si diceva, ma anche estremamente pericolosa richiedendo l'approccio trasversale a un tema così delicato tutt'altra sottigliezza e intelligenza messinscenica, capacità che l'Hampton cinematografaro, regista dalla mano pesante e dall'occhio strabico, non sembra possedere in alcuna misura. Eccoci dunque alle prese con l'imbarazzante Banderas che da scrittore e regista teatrale impegnato si ritrova a fare il santone visionario e a indicare ai disperati congiunti degli scomparsi che fine hanno fatto i loro cari. Non ci vuole molto perché il film diventi ridicolo, senza la necessità di tirare in ballo discorsi di immoralità e di sconvenienza (ché di sconveniente c'è solo la rozzezza del prodotto): quella del bell'Antonio, in cerca della consorte Thompson, che guidato da un branco di fenicotteri infine giunge all'ingresso di una fazienda in cui campeggia la scritta Esperanza è una scena che non richiede commenti di sorta. Tutto estremamente piatto, sordidamente anonimo, straordinariamente brutto, tanto da farci domandare come si sia potuto selezionare questa roba per il concorso veneziano. Non aggiungerei al conto il fatto che, pur trovandosi in Argentina e avendo a che fare con argentini, tutti parlino in inglese: queste sono fictio che la globalizzazione produttiva ci impone di ingurgitare a forza.
Indifendibile.
Chistopher Hampton tenta di raccontare la tragedia dei desaparecidos argentini uscendo dai cliche' dei film inchiesta ed entrando in una zona d'ombra contaminata dal paranormale. Non facile fare incontrare "X-Files" con una realta' cosi' devastante e indigeribile. E infatti gli apprezzabili intenti crollano nell'insensatezza della storia e nelle approssimazioni di regia. Antonio Banderas e' un regista teatrale che si vede rapire prima la moglie, giornalista di carattere, poi la figlia. In coincidenza con il rapimento scopre di avere un prezioso "dono": a contatto con gli amici e i parenti delle vittime, riesce a vedere cosa e' loro successo. Occhio, perche' la capacita' cognitiva (solo saltuariamente e senza logica in grado di vedere anche il futuro) oltre a riguardare unicamente i desaparecidos, non funziona per la moglie, senno' il film finirebbe subito. Ma sono tante le scemenze che affossano il lungometraggio, dalla caratterizzazione dei personaggi, macchiettistica (l'ufficiale governativo, i carcerieri) o priva di nerbo (gli amici e la figlia del protagonista, i familiari degli scomparsi), alla simbologia spicciola (fenicotteri rosa e gufi come guida), fino alla poca credibilita' della messa in scena, a partire dalla lingua utilizzata: tutti parlano indistintamente un inglese perfetto. Si salvano solo le interpretazioni di Antonio Banderas, volenteroso e partecipe, e di Emma Thompson, intensa nonostante tutto, anche se come coppia non fanno certo scintille. L'elogio all'immaginazione per combattere gli orrori della dittatura finisce cosi' per perdersi in un film non riuscito, che annulla l'alto potenziale tra luoghi comuni e ridicoli "gift".