Horror

IL VILLAGGIO DEI DANNATI (1960)

Titolo OriginaleVillage of the Damned
NazioneGran Bretagna
Anno Produzione1960
Genere
Durata77'

TRAMA

Gli abitanti di un paese di campagna svengono per alcune ore. Dopo due mesi, le donne sono tutte in dolce attesa

RECENSIONI

Esseri superiori (in simbiosi, dotati di poteri mentali) o limitati perché privi di sentimenti? Speranza per un'umanità migliore o minaccia alla stessa? Individui malvagi o lecitamente sulle difensive per un istinto di sopravvivenza? Questo cult inglese dell'orrore dissemina domande e lascia in parte sospese le risposte, nonostante tali e tante allusioni finiscano per sublimarsi nel thriller fantascientifico, con un'ipotesi di provenienza aliena con tanto di piano d'invasione che, d'altro canto, dai diretti interessati non viene mai confermata (graditissima ambiguità). Quella di Wolf Rilla (figlio dell'attore Walter) è un'ottima e peculiare trasposizione del romanzo "The Midwich cuckoos" dello specialista in fobie nucleari John Wyndham. Ha a disposizione un basso budget ma è forte di un'idea brillante che gioca a tutto campo sulle allegorie e la copiosità delle chiavi di lettura: regista di natali tedeschi, porta a leggere questi "mutanti" come una caricatura del mito della razza ariana (i bambini sono tutti biondi e con gli occhi più che chiari, luminosi) e, al contempo, è sardonico sulla paura umana del diverso e si burla delle ansie e della rabbia di un villaggio di...cornuti (anche le vergini sono gravide: la chiesa, ai tempi, accusò l'opera di blasfemia). Un'ulteriore possibile interpretazione: intorno al villaggio, giorni prima, i militari avevano compiuto manovre segrete. Il sospetto di un uso improprio delle armi chimiche, almeno nella fase iniziale del racconto, è forte. Nonostante i tocchi ironici in sordina, l'opera è tesa, agghiacciante, misteriosa: inquietanti le panoramiche introduttive su di un villaggio "morto", ingegnosi gli effetti speciali in chiusura, con la metafora degli occhi che sbucano dal fuoco e del muro che si sgretola (una "barriera" alla facoltà dei "mostri" di leggere nel pensiero).