Animazione, Avventura

IL VIAGGIO DI ARLO

Titolo OriginaleThe Good Dinosaur
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2015
Durata93'

TRAMA

Che cosa sarebbe successo se l’asteroide che ha cambiato per sempre la vita sulla Terra non avesse colpito il nostro pianeta e i dinosauri non si fossero mai estinti? La storia di un coraggioso e curioso dinosauro di nome Arlo che stringe un’insolita amicizia con un essere umano. Attraversando luoghi aspri e misteriosi, Arlo imparerà ad affrontare le sue paure e scoprirà ciò di cui è veramente capace.

RECENSIONI

Poco più di due mesi fa, la Pixar deliziava gli spettatori di tutto il mondo con Inside Out, il cerebrale capolavoro di originalità formale firmato Pete Docter. Il regista, uno dei maggiori autori in forze allo studio di produzione americano, aveva diretto e/o sceneggiato alcuni dei film più innovativi della Pixar, come Monsters & Co., Wall-E e Up. Il Viaggio di Arlo, ultima creazione Pixar, non può vantare un aspetto autoriale così marcato: la regia del film, affidata inizialmente a Bob Peterson è stata poi portata avanti dall'esordiente Peter Sohn, e il soggetto del film è firmato da ben cinque persone diverse. Il film risulta, rispetto ai titoli sopracitati, un'opera diretta ad un pubblico più giovane, accostandosi con questa caratteristica ad alcune delle prime creazioni della Pixar. Inside Out è un'opera coraggiosamente originale, rischiosa e, per molti aspetti, rivoluzionaria; Il Viaggio di Arlo risulta, invece, un film consueto, di facile fruizione e povero di originalità narrativa.
La forza di Arlo risiede tutta nell'aspetto visivo: i personaggi, volutamente dei pupazzi anti-naturalistici, fin troppo 'gommosi', ma dotati di movimenti articolati alla perfezione, lasciano spazio a una natura incontaminata resa con estrema precisione e ampiezza di respiro: dall'acqua, il vero antagonista del film, dove si riflettono i colori di un cielo in continuo mutamento, alle montagne imponenti, alle ampie pianure silenziose che ricordano le ambientazioni dei grandi capolavori western (riconosciamo le tre mesas principali della Monument Valley fordiana). La fotografia eccellente è, inoltre, impreziosita da alcune originali scelte di ripresa: lenti cambi di fuoco, passaggi dinamici dal campo lungo ai piani ravvicinati, inusuali angolazioni di ripresa. Se l'evidente finzione associata alla resa dei personaggi è decisiva nell'attrarre senza urti il pubblico di bambini, la grandiosità della scenografia permette al film di dispiegare tutta la sua potenza emotiva e rimarcare quanto ormai la tecnica digitale della Pixar sia in grado di riprodurre la realtà con lo stesso realismo della ripresa in live-action. Il Viaggio di Arlo è un'opera prettamente emotiva: la narrazione essenziale, combinata alla sua forza visiva, ne fanno un commovente viaggio di formazione tipicamente disneyano.

Il meccanismo che rende il film una if epic adventure (il meteorite che schiva la terra, salvando i dinosauri dall’estinzione) permette di mettere in scena insieme dinosauri, animali ed esseri umani. E se l’evoluzione dei dinosauri è arrivata al punto di rendere i grandi erbivori degli agricoltori professionisti e i T-Rex degli allevatori, gli esseri umani risultano ancora ad uno stadio di evoluzione primordiale. La presenza di animali parlanti è una delle caratteristiche fondanti dei film Disney, fin dagli esordi, ma mai avevamo assistito ad un film in cui gli animali sono in grado di conversare ma l’essere umano non possiede ancora questa facoltà. In quest’ottica si inserisce la storia di amicizia tra il dinosauro Arlo e l’ominide Spot: il bambino possiede il carattere istintivo-animale di cui il protagonista è manchevole. È lui a premettere al compassato e timoroso dinosauro di compiere il viaggio di formazione necessario ad esternare il suo lato animalesco e vincere le sue paure. Arlo è ornitofobico fin dalla nascita; tutti i dinosauri minacciosi del film sono dei proto-uccelli: le galline giganti dell’inizio, i velociraptor piumati ladri di bestiame e gli pterodattili. Nella scena che precede lo scioglimento finale, il protagonista, spinto dall’amicizia per Spot, affronta e vince contemporaneamente le sue due grandi paure, uccelli e acqua: sconfigge gli pterodattili, rappresentati con grande raffinatezza come degli squali del cielo, e si butta nello stesso fiume in piena che uccise suo padre.

È curioso notare come agiscano, all'interno del film, la dinamica della conservazione della famiglia e quella della costruzione dell'amicizia. La scena chiave, in quest'ottica, è quella in cui l'orfano Spot nota in lontananza degli ominidi e Arlo, che ancora non ha concluso il suo viaggio di formazione, lo riporta a sè. Diventa evidente, in questo momento, come la necessità di ritorno al proprio 'branco', condivisa da entrambi i personaggi, non sia compatibile con l'amicizia che ha costituito la parte più corposa della narrazione. Solo quando Arlo sarà sicuro di essersi ormai ricongiunto ai suoi simili permetterà a Spot di fare lo stesso. Il film sembra dirci che la commistione tra specie (declinata nell'amicizia) costituisca un mezzo alla creazione della famiglia tradizionale. In particolare, la famiglia che si prenderà cura di Spot, seppur umana, non è propriamente composta da esseri della sua stessa specie: Spot si muove a quattro zampe, è un ominide, mentre gli altri sono Homini Erecti (e ci viene mostrato come permettano al personaggio di compiere l'enorme salto evolutivo verso la postura eretta, impossibile per mezzo del quadrupede Arlo). Il concetto è rafforzato dalla scena piacevolmente domestica della famiglia di T-Rex e soprattutto, al contrario, dal fatto che il personaggio del triceratopo stralunato che compare a metà film, emblema della commistione tra specie (vive in simbiosi con una decina di animali di specie diverse) risulti fondamentalmente un idiota. L'amicizia tra specie diverse e la conservazione della famiglia sono due dinamiche non compatibili: il film poteva terminare con uomini e brontosauri che scelgono di convivere, dando vita ad una nuova comunità. Ciò non accade. Le amicizie di Arlo, con i T-Rex e soprattutto con Spot, sono dei mezzi per permettere al protagonista di essere riaccettato nel suo branco e poter tornare alla tranquilla vita contadina da cui era stato strappato.

Secondo film Pixar ad uscire nel 2015, insieme con un Inside Out che ne ha offuscato i meriti e con cui condivide la sceneggiatrice, Meg LeFauve. In realtà la sua uscita era programmata per il 2013, ma i produttori hanno preferito che Peter Sohn subentrasse al regista designato Bob Peterson, prima di accendere la luce verde. Sohn, nel suo cortometraggio Parzialmente Nuvoloso, prometteva molto bene, per idee ed espressività dei caratteri: sebbene quest’opera risenta molto dell’impronta Disney fra sentimentalismi e percorso edificante, si fa amare incondizionatamente per la consueta maestria dei creativi Pixar e loro software nel disegnare i fondali della natura e animarli (nuvole, acqua, terra: magnificenza pura) e per la profusione di invenzioni nel classico iter da romanzo di formazione. È senz’altro irritante, all’inizio, il protagonista imbranato e pauroso ed è sia curiosa sia rischiosa l’idea di abbinare al realismo delle ambientazioni questa razza caricaturale di dinosauri, con pelle di gomma che ricorda (volutamente) i pupazzi da bagnetto dei piccoli. Ma quando entra in campo il bimbo umano a quattro zampe, per servire la trovata di una Terra alternativa con inversione di ruoli (umani che si comportano come cani, dinosauri civilizzati), tutto diventa perfetto: l’espressività del piccolo è impressionante, ciò che combina al limite del geniale, l’amicizia che stringe con Arlo, con chiusura da Il Libro della Giungla, di una tenerezza infinita. Gli incontri nell’on-the-road non sono da meno: il triceratopo camaleontico, con gli occhi storti e in cerca di guardie del corpo; gli pterodattili invasati di adrenalina per la tempesta; i tre T.Rex mandriani western. Sballo puro.