TRAMA
Drago è alla ricerca del fratello, scacciato dalla scuola d’arti marziali dopo averla tradita. A causa di un ventaglio bianco, viene scambiato dalla polizia per un malvivente
RECENSIONI
La seconda regia di Jackie Chan (dopo Jacky Chan: La Mano che Uccide) sancisce il passaggio del simpatico attore/acrobata dal dramma alla Lo Wei (Dalla Cina con Furore), al gongfu, la commedia kung fu con cui ha raggiunto il successo. Lo Wei aveva tentato di lanciarlo come il nuovo Bruce Lee (di cui faceva la controfigura), ed è come se Chan lo citasse nel primo quarto della pellicola, nel bene e nel male, con il melodramma plateale, le scuole d'arti marziali in lotta, il folklore (la gara del drago), i sentimenti semplici di odio, dolore, amore e fedeltà, gli zoom a non finire. Non appena l'opera si concentra sull'errare di Drago (Jackie Chan) alla ricerca del fratello, cambia il registro, prima in modo irregolare (durante i duelli danzati, non violenti, a volte sin troppo "combinati" con l'avversario), poi sempre più esibito. Le sue geniali coreografie marziali con il ventaglio, il panchetto, la pipa (che spasso…), la gonna (!) diventano protagoniste assolute, e con loro la buffoneria da clown acrobatico in puro stile slapstick, da comica muta, da cartoon. Con il personaggio del Capo della Polizia entra in scena anche una divertente commedia degli equivoci (con terribile musichetta in stile "sexy commedia all'italiana" annessa), che sa tanto di Buster Keaton (molto amato dal protagonista). Per chiudere, un superlativo (spesso al ralenti) incontro con il Supermaestro Cattivo, dove, come a comporre un chiasmo, s'inizia nella commedia e si finisce con la rabbia e la violenza.
