Noir

IL SOLITARIO

TRAMA

Settembre 1999. Sotto la guida del più anziano Athos Molenda, Leo Piazza, Baga e Max penetrano in un vecchio casolare di campagna dove l’organizzazione del potente Attardi ricicla denaro sporco. L’irruzione degenera in un tremendo scontro a fuoco: l’unico a sopravvivere è Piazza, che fugge con tre miliardi di lire e l’organizzazione alle costole. Solo e braccato, il giovane malavitoso si rivolge a un vecchio amico di Athos per salvare la pelle.

RECENSIONI


Primo lungometraggio di Francesco Campanini (classe 1976), Il solitario nasce dall'esperienza del noir autarchico Nel cuore della notte (2002) di Primo Giroldini. Produttore associato e montatore del lavoro low budget realizzato da Giroldini con lo stesso protagonista (Luca Magri nei panni di Leo Piazza), Campanini decide, insieme a Magri, di dare un seguito al film di sei anni prima. Le premesse di genere e i personaggi sono in parte i medesimi (Piazza, Athos Molenda, Baga, Max), ma cambia sensibilmente il respiro geografico e professionale del progetto: se Nel cuore della notte era un noir integralmente parmense in cui recitavano quasi esclusivamente attori non professionisti, Il solitario si svincola dalla dimensione cittadina per abbracciare un set nomade (la fuga dal casolare di campagna, la stazione di Bologna, l'arrivo a Prato) e metropolitano (Roma).  Un irrobustimento che coinvolge anche il parco attori: non più dilettanti alle prime armi ma, stante la conferma del protagonista, interpreti di solida professionalità (Francesco Siciliano nel ruolo del villain Santoro), vecchie glorie del poliziottesco anni '70 (Massimo Vanni nalla parte del leale Moriero), attrici provenienti dal teatro e della danza (Giancarla Malusardi nel ruolo della scafata Saeda) e un cameo di lusso per il regista-sceneggiatore-attore Francesco Barilli (autore del famigerato horror Il profumo della signora in nero) nei panni di Cassiani, proprietario di un night romano che offre protezione a Leo Piazza nella capitale. Intorno a loro un cast eterogeneo di personaggi minori reclutati in giro per l'Italia, tutti in possesso della giusta gueule de l'emploi.


Il noir di Campanini si smarca così dall'imprinting amatoriale e, pur mantenendo un'impronta visibilmente indipendente, abbandona il bianco e nero pauperistico di Nel cuore della notte per immmergersi in atmosfere cupe e opprimenti, suggestivamente illuminate dal direttore della fotografia Raoul Torresi. Il racconto di questa fuga dalle ore contate tradisce più di un debito nei confronti del cinema di Jean-Pierre Melville (laconicità dei dialoghi, stilizzazione dei gesti) e di Fernando Di Leo (il nome del protagonista Leo Piazza, lo sleale cinismo dell'antagonista Santoro), ma  gli omaggi cinefili non intralciano la narrazione e sono rielaborati da una sensibilità genuinamente personale: frequentati con convinta adesione, i cliché del noir (il fatalismo, l'amicizia virile, la dark lady) si riattivano efficacemente. Costretto dal budget limitato a rinunciare alla pellicola e girare in digitale, Campanini (anche coautore del soggetto insieme a Federico Soncini) ha una sua idea di messa in scena dotata di una certa crudezza: pensa l'inquadratura in funzione dello spazio e non della recitazione, limita i virtuosismi a calibrati ralenti o fulminei freeze frame e tiene saldamente in pugno la durata complessiva (85'). A non convincere del tutto sono invece le sequenze puramente action (le due sparatorie scoordinate che aprono e chiudono il film), la direzione degli attori (talvolta i tempi delle battute suonano fastidiosamente legnosi) e, soprattutto, la scarsa resa visiva del digitale che, nonostante le pregevoli luci di Torresi, stride violentemente con le atmosfere sospese e rarefatte che permeano il film. Musiche poderosamente carpenteriane di Lelio Padovani.