Commedia, Fantastico, Recensione

IL SOGNO DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE

TRAMA

All’indomani delle nozze fra il duca d’Atene Teseo e la regina delle Amazzoni, una compagnia d’attori scalcagnata fa le prove nel bosco dove si nasconde una coppia d’amanti. Il sovrano delle fate Oberon vuole crescere un bambino che la consorte Titania non gli lascia: incarica Puck di farle un incantesimo d’amore.

RECENSIONI

Unica regia per il cinema di Max Reinhardt, regista teatrale alla cui corte crebbero alcuni fra i più grandi maestri cinematografici (Paul Wegener ed Ernest Lubitsch, fra gli altri), imparando la gestione delle masse, l’uso delle luci e delle scenografie: in quest’opera esalta i mezzi della Settima Arte piegandoli alle stesse idee con cui aveva rivoluzionato il teatro ringiovanendo il repertorio classico. Della commedia di Shakespeare riporta squisitamente spirito e modi con un approccio che gli aveva già dato fama nel suo allestimento del 1905, ne replica il neoromanticismo giocoso e variopinto, facendo, da un lato, fantasmagoria, dall’altro imbastendo un ammirevole connubio di commedia, riflessione sull’irrazionalità dell’amore, comicità popolaresca, musical, fasto, fantasia fatata e immanenza della natura. La ricchezza monumentale della sua messinscena, con regia barocca e apparati scenici lussureggianti, era un chiaro segno della modernità a cui il suo teatro si appellava essendo già, di per sé, “cinematografico”: piuttosto che affidarsi al testo, Reinhardt lavora sugli interpreti (magnifici) e sul sollecito dei sensi dello spettatore con le “immagini”, carpendo le situazioni e le riflessioni sottostanti con la mimica, l’atmosfera, gli stati d’animo. In questo caso, William Dieterle, che era stato attore per Reinhardt alla fine degli anni dieci, è solo un collaboratore tecnico, anche se girò una settimana intera per indisposizione del maestro. La prima parte si ricorda per il magnifico prologo nel bosco, fra effetti fotografici e magia del “risveglio”: la danza delle fate sulle spire di nebbia, l’unicorno, i chiaroscuri, Oberon e Titania, gli animali. Mentre si dispiegano le (meno interessanti) dinamiche della rincorsa di amori fra le due coppie e fra Titania e il povero James Cagney trasformato in somaro, alla fine della commedia c’è l’altro pezzo da antologia, la messinscena di un dramma a Corte di questa compagnia d’attori improvvisata, talmente maldestra e ingenua da essere esilarante: tempi comici e costruzione dei caratteri perfetti (Joe E. Brown vestito da donna, ad esempio). Memorabili anche la prova di Cagney, energica ed esagitata, e quella di Mickey Rooney, Puck pestifero e diavolesco. Debutto di Olivia De Havilland (che, per Reinhardt, aveva interpretato lo stesso personaggio a teatro l’anno prima, in una versione per gli Stati Uniti) e magia delle composizioni sinfoniche di Mendelssohn-Bartholdy (come nel 1905). Restaurato a 133’ in DVD.