Drammatico

IL SILENZIO INTORNO

TRAMA

Tommaso, venticinque anni, esce da una comunità di recupero e torna in famiglia._x000D_

RECENSIONI

Con Il silenzio intorno Dodo Fiori tenta l’operazione peculiare: attraversare il tunnel della droga a fari spenti, prosciugare ogni orpello tramico e concentrarsi sull’essenziale centrando il nocciolo della questione. Il giovane esordiente scansa ogni sovrastruttura, bressonianamente, e punta su una trama ai minimi pedinando il protagonista, cogliendone il respiro, rispettandone il crocevia sullo sfondo di gesti e situazioni ordinarie. Da qui la scelta coerente di una regia corretta, giocata in assenza, che rivela la nudità dello schema ma lo veste di improvvise virate immaginifiche (il padre con la canna in bocca, il grottesco egotismo della nonna). La linea di Tommaso si incrocia con Marta, due rette parallele che non si incontrano, pur risultando chiaramente speculari nella sottotrama della ragazza difficile sospettata di omicidio. Le figure genitoriali, archetipi caratteriali della rocciosa severità e della soffusa disperazione, mescolano le carte e vanno in pezzi nella gestione del rapporto con il figlio prodigo. Un altro ritorno, quindi, sul filo tra rinascita e baratro, trionfo e fallimento, rieducazione e ricaduta; l’opera, però, tradisce in più punti il suo karma sottinteso, restando al cappio di una dialogistica eccessivamente esplicativa (i confronti padre/figlio), talvolta pleonastica laddove il silenzio del titolo risulta incrinato per una fiumana di parole. Resta una prova interessante, che affronta il genere - film di droga - senza renderlo eccessivamente sovraccarico e, nell’evocare una sospensione di carattere teatrale, si può dire sostanzialmente fedele alla volontà di sbucciare la cipolla e riportare il tema allo stato primario. Francesco De Angelis, un volto provato e catatonico, non reciterà nel senso classico del termine ma presta la sua immobilità alle ragioni della vicenda e primeggia su un cast di medio livello. Anche il finale, in poche battute, squaderna velocemente i personaggi non privo di una rustica capacità di sintesi. Il silenzio va inquadrato come un tentativo, che rimane tale per i suoi peccati, ma è comunque roba da distribuire perché meno pretestuoso e strumentale della stragrande produzione di questo Paese. Grazie all’Istituto Luce trova un invisibile ingresso in sala (a Roma è stato proiettato per ben tre giorni consecutivi) e, magari, il futuro conforto di un DVD che elimini la nociva fragilità dell’audio.