Drammatico

IL SEGRETO (2016)

Titolo OriginaleThe Secret Scripture
NazioneIrlanda
Anno Produzione2016
Durata110'
Tratto dadall'omonimo romanzo di di Sebastian Barry
Montaggio
Scenografia

TRAMA

Rose vive in un ospedale psichiatrico da più di 40 anni. Su di lei pesa un’accusa di infanticidio, ma la verità che racconta è molto diversa. Mitomane disturbata o vittima del suo tempo? Il Dottor Stephen Grene si appassiona al caso e partendo dai diari di Rose prova a ricostruire il passato e a scoprire la verità.

RECENSIONI

La trasposizione dell’omonimo romanzo di Sebastian Barry sembrava la scelta giusta per consentire all’irlandese Jim Sheridan, cantore dei conflitti politici e sociali della sua patria in auge soprattutto negli anni ’90 - dal folgorante esordio del 1989 con Il mio piede sinistro a The Boxer passando per Nel nome del padre - di tornare in pista con un intenso melodramma, a sei anni di distanza dal fallimentare Dream House, disconosciuto per contrasti con la produzione. Invece è andata diversamente. A colpire è prima di tutto la decisione di Sheridan, anche co-sceneggiatore, di modificare la base letteraria, passando l’azione dai primi anni ’20, quindi dalla guerra civile irlandese, agli anni ’40, durante la Seconda Guerra Mondiale. Forse l’idea era quella di non sbilanciare il film verso i conflitti politici interni, prediligendo quindi gli affetti, ma la scelta trova un’impostazione incapace di porre basi solide. Sono infatti proprio le premesse narrative, quelle che dovrebbero alimentare i successivi scioglimenti, a mostrare pressapochismo e fragilità (un esempio per tutti, quel soldato, proprio quel soldato, caduto dal cielo!). Vada quindi per l’ennesima voice over che ripercorre i segreti di una vita (innegabile la potenza di quella Bibbia con scritte a margine), vada per le note di pianoforte, a cui presto si aggiungono i violini, e vada anche per l’ambientazione in un ospedale psichiatrico in chiusura per avviare un rigido countdown e dare quindi mordente alla ricerca della verità. La presentazione dei contrasti, poi, gode del carisma inscalfibile di Vanessa Redgrave, che è bello anche solo guardare, ma è nel momento in cui l’azione si sposta nel passato, cioè quasi subito, che le fondamenta cominciano a scricchiolare.

Non tanto per la ricostruzione storica, anzi, piuttosto accurata, dai luoghi (Inistioge, nella Contea Killkenny, diventa un perfetto villaggio anni ’40 grazie a un attento lavoro di riadattamento), ai costumi (non ricreati ma originali e dell’epoca), e nemmeno per le scelte di regia (Sheridan è sempre abile nella messa in scena), quanto per il casting e la sceneggiatura. Richiede davvero una grande capacità di astrazione pensare che Vanessa Redgrave da giovane possa essere Rooney Mara. A separarle non solo 20 centimetri di altezza e una fisicità completamente diversa, ma anche due modi differenti di affrontare il personaggio: la Mara parla come al solito con lo sguardo, la Redgrave, invece, è un fiume in piena di gesti e parole. Il miscast continua con un Eric Bana gigante buono catapultato da non si sa quale galassia lontana e un aitante Theo James improbabile prete dolente e tormentato. Il vero affondo, però, viene dalle svolte insensate in sede di scrittura. Gli sviluppi provano infatti a mettere insieme esigenze dei personaggi, della Storia e del melodramma, ma lo fanno in modo maldestro e senza alcuna sottigliezza. Quasi un “buona la prima” idea che faccia combaciare alla bell’e meglio tutti i tasselli. Forse seguire una strada onirica potrebbe essere la svolta che aggiusta il tutto, ma lo script non sostiene l’accantonamento della razionalità a favore della pista inconscia. E così tra dolori inusitati, prigionie prolungate, amori impossibili, verità taciute, diritti negati, omicidi impuniti, bambini uccisi o fatti scomparire, elettroshock e chi più ne ha più ne metta, il dramma si consuma, ma ha modo di trovare una rielaborazione risolutiva nei tempi previsti. L’obiettivo, però, perde per strada spessore dei personaggi, tutti tagliati con l’accetta, e ogni qualsivoglia ipotesi di plausibilità. Anche le lacrime, quindi, a lungo pungolate, e scopo primario del progetto, si ritraggono disorientate in attesa di occasioni migliori.