TRAMA
L’investigatore privato che deve ritrovarle il marito s’innamora di lei: scopre che lo scomparso aveva una doppia identità, mentre la polizia rinviene un cadavere che gli somiglia.
RECENSIONI
Ivan Passer è il regista delle “illuminazioni intime” (il titolo di una sua opera ceca), attento alle piccole annotazioni del quotidiano, sempre lontano da prese di posizione veementi e da un cinema troppo vigoroso, più portato al quadro delicato, sfumato e ambiguo. Da quando s’è trasferito negli Stati Uniti, s’è dovuto, invece, confrontare con storie meno acquose, dando alla luce, nel contrasto, un curioso amalgama: ha mantenuto un tocco leggero applicato a personalità tormentate, a scapito però di racconti che richiedevano approcci meno esangui. Il suo stile, negli anni settanta, poteva fare tendenza, vent’anni dopo è emarginato nel piccolo schermo: il discreto script di Andrew Guerdat (che cita “Padre Brown” e “Moonlighting”) sa fornirgli quel bagaglio di particolari e di annotazioni sui caratteri che ama, ma Passer non ha intenzione di prendersi troppo sul serio, preferisce la commedia con matrice buffonesca al dramma del thriller che la “quarta storia” (il titolo originale) reclama in giallo. Se volessimo associarla ad un colore, la sua opera televisiva, con pericolosa misura, opta per il pesca della fotografia (e per il soft-jazz) piuttosto che per il grigio (il drammone) o l’arancione acceso (totalmente comico). In qualche modo sembra di trovarsi di fronte ad un altro Hammett (Wim Wenders) affrontato da un europeo. Particolare l’apertura dove le immagini e il parlato narrano due dimensioni temporali differenti: purtroppo la piega presa in seguito è quella di un prodotto Tv (via cavo: qualità leggermente superiore) senza troppe pretese, peraltro poco d’effetto, con intreccio “giallo” lacunoso ed un colpo di scena finale molto prevedibile.
