Drammatico, Sala

IL RICHIAMO

TRAMA

Lea è una giovane in attesa di una svolta lavorativa e personale. Cercando delle lezioni di pianoforte, incontra Lucia, malmaritata e sull’orlo della depressione. Sarà amore?

RECENSIONI

Parte piuttosto bene il film di Stefano Pasetto, poco o nulla indulgente con la facile poesia delle speculari solitudini di due italiane a Buenos Aires, capace di giocare sull'accostamento di immagini (la nudità dei polli, l'anguria con cui Lea simula incosciente una maternità contemporaneamente smarrita da Lucia, sulle cui mani il sangue dell'aborto assume per un attimo i tratti di quello delle fettine di carne) magari senza eccessiva finezza (il flou che sottolinea lo svenimento, le allucinazioni 'da bagno') ma con una discreta energia, sondando le protagoniste nelle loro reciproche attrazioni (la passeggiata di Lucia sulle orme di Lea, che permette alla donna di scorgere, inseguendo il riflesso della ragazza, le radici della propria crisi coniugale) e sbozzando vigorosamente un gruppo di figure secondarie (i compagni, distratti o assenti, delle due, il medico acciaccato, l''altra donna') che non hanno poi spazio per svilupparsi, al pari di temi come l'assenza della figura paterna e la crudeltà dei sentimenti, cedendo il film al male endemico del cinema italiano (anche in trasferta), quello di una sceneggiatura che sembra procedere per tentativi, esitante più per malinteso riserbo che per pudore o discrezione, incerta fra il melodramma più acceso (catalizzato dai lunari paesaggi della Patagonia) e la sobrietà un poco ingessata della tragedia da camera. Nell'ultima parte l'incapacità di condurre in porto una narrazione studiatamente (ma fino a che punto?) arruffata quanto di maniera conduce il film in zona onirica (il finale in cui le nozze  - sognate? - di Lea si sovrappongono ai ricordi di Lucia), senza che la narrazione trovi quel tono allucinato cui sembra così intensamente tendere. Buona la presenza scenica delle protagoniste, ma l'espressività, anche al di là di un sottotono adottato lucidamente, latita, mentre il doppiaggio degli attori di lingua spagnola rafforza l'impressione di un dialogo 'sottovuoto', incapace di fondersi con il ricco tessuto sonoro della messinscena.