- 66434
- 41879
TRAMA
Enzo, commerciante d’arte gay, è innamorato senza ritorno di Fabio, pugile alle ultime armi, e lo invita a vivere con lui. Osho e Carletto si fingono poliziotti per organizzare una serie di truffe._x000D_
RECENSIONI
Prodotto dalla P.F.A. Films, tra le poche a osare qualcosa di diverso nel contesto desolante di questo Paese (e nel cui listino figura anche Diary of the Dead), Il pugile e la ballerina è una miniatura che vive della contrapposizione frontale: quella tra il duro e il morbido, che invero si applica rispettivamente a entrambe le coppie protagoniste (Fabio/Enzo e Osho/Carletto). Calcata la prima, più accennata la seconda, restano due opposti sulla stessa calamita; Bello contro Brutto, Corpo contro Cervello (boxe contro arte), posizione dominante contro condizione subordinata: la folie d’amour di Enzo e l’inferiorità caratteriale di Carletto sono medesimi vettori che li mettono in stato di debolezza rispetto alle relazioni da sviluppare. Ma la riproposizione di tali contrasti non è il punto dell’esordio al lungometraggio di Francesco Suriano, già cosceneggiatore di Sud Side Stori della Torre (per citare il nome più significativo): il dato più rimarchevole, vedi sopra, è il complesso tentativo di uscire dai codici nostrani attualmente à la page. Ecco quindi un film in cui interpreti non professionisti convivono felicemente con attori veri (Marcello Mazzarella, come sempre, spadroneggia), si declamano le battute e la lingua scivola nel dialetto, un romano/napoletano tronco e smozzicato, l’etichetta di genere è cancellata (dramma? commedia? e allora perché quella malinconia?); un’opera che non ha una sua peculiare idea di regia ma perlomeno ci crede, soprattutto nella prima parte che resta la migliore – l’opprimente piano sequenza nella centrale e un uso occultante della dissolvenza – e in alcune inquadrature antibanalità distribuite più avanti. Suriano non lesina nel reparto cinefilia (un poster di A bout de souffle alla parete) e intavola anche un accenno di discorso figurato affidato alle circostanze: si prenda la spalla rotta di Fabio, per simboleggiare le curve tortuose del legame con Enzo, e il lancio ricorrente delle monete dell'I Ching a rimpolpare un’ombra evanescente di sovradeterminazione. Ciò di cui Il pugile e la ballerina soffre, piuttosto, va ricercato nel blocco narrativo: la situazione tramica resta sostanzialmente statica, nessuna progressione, lo scenario di partenza coincide con quello finale e attraversa una lunga serie di quadri umani a rischio prolissità (per tutti la liaison con la vicina); dall’altra parte oscilla rischiosamente verso l’esplicitazione a parole del sentire interiore, che vivaddio non è mai centrata appieno ma sfiorata soltanto. In questo modo, dunque, resta in piedi questo lavoro largamente imperfetto che però guarda agli ambienti con inventiva – Roma è riconoscibile e personalizzata come nel poliziesco anni ’70 -, estromettendo la retorica, con certi modelli di riferimento (Osho sembra uscito da L’odore della notte di Caligari) ma sempre una voce propria, alta o bassa che sia. Il pugile e la ballerina è la lucertola che sfida il serpente dei titoli più blasonati, con il coraggio che questi ultimi hanno riposto da tempo dietro una comoda, larga vendibilità: “Non è importante sapere le cose, ma comprenderle” (Osho). Il bellissimo brano Ragione e Sentimento di Maria Nazionale apre e chiude il film.