TRAMA
L’addetto all’ascensore di un albergo è molto professionale sia sul lavoro sia di notte…quando si trasforma in un killer.
RECENSIONI
La "donna fatale" di turno è un barista, conteso fra "il professionista" ed il suo boss, in questo racconto torbidissimo, dove Soderbergh ripropone a Peter Coyote un ruolo polanskiano (Luna di Fiele). Il legame omosessuale e gli affetti in generale, sono posti in secondo piano dal senso di professionalità del protagonista, un personaggio all'apparenza freddo/impassibile/efficiente, in realtà soggetto a vacillamenti, proprio come l'ascensore su cui lavora. Cambia l'autore di riferimento (David Goodis) ma ritorna il tema preferito dal regista: nelle atmosfere perverse, dominate da sensazioni malefiche, si "sveglia" all'improvviso la coscienza individuale, senza plateali e retorici entr'acte. Infatti, il finale è sospeso, fin troppo enigmatico ed aperto. La cura formale è da "professionista": la fotografia di Robert Stevens acquerella colori accesi ed insieme sbiaditi; l'ombra sul muro dell'assassino che si allontana è un superbo brano di cinema "espressionista". Soderbergh inizia a proiettare sui suoi protagonisti il dilemma etico/linguistico che lo riguarda: professionalità o passione?