Commedia, Drammatico, Sala

IL PREMIO

Titolo OriginaleIL PREMIO
NazioneItalia
Anno Produzione2017
Durata100'

TRAMA

Giovanni Passamonte ha vinto il premio Nobel per la Letteratura e deve andare a ritirarlo a Stoccolma, ma ha paura di volare e obbliga il figlio Oreste e il segretario personale Rinaldo ad accompagnarlo in auto. Al viaggio si unirà anche la figlia Lucrezia. Inutile dire che nulla sarà più come prima.

RECENSIONI

Se non sapessimo che Alessandro Gassmann è figlio di cotanto padre, saremmo ancora meno indulgenti nei confronti di questa storia di rapporti familiari disfunzionali. Perché fa un po’ tenerezza il pudore con cui le crepe di un vissuto personale cercano di scendere a patti con la memoria collettiva. Tolte le note biografiche, però, la seconda regia di fiction di Alessandro Gassman dopo Razzabastarda(Torn - Strappati è un documentario) mostra ben poche frecce al suo arco, non solo a causa di una sceneggiatura che preferisce buttare ogni possibile spunto in caciara, ma anche per una regia che non riesce mai a imprimere una direzione precisa al racconto. Di cose che non funzionano se ne riscontrano tante, dalla caratterizzazione eccessivamente tipizzata dei personaggi, a senso unico e piegati alla commedia nonostante l’insoddisfazione neanche troppo latente, ai dialoghi fasulli, alla ricerca costante della battuta facile e tesi a rimarcare il noto, caso mai qualcuno non capisse. Non convince nemmeno la recitazione, in cui il fisico degli attori, sia nel sottotono che nelle iperboli, accompagna sempre in eccesso le parole, anche in questo caso sottovalutando il pubblico e la sua capacità di capire senza il supporto di didascalie. L’idea di un on the road in grado di regalare nuove consapevolezze è quasi uno standard del cinema, e ben si adatta a qualunque genere. La scelta delle mezzetinte, però, si tramuta in un alternare conflitti pesantissimi a gag ridanciane. I primi a essere spaesati dal passaggio tra estremi sono proprio i personaggi e la conseguenza diretta è che non si ride, si sorride poco e non ci si affeziona minimamente al nucleo familiare allargato messo in scena.
Nel film ogni stato d’animo pare servire unicamente a supportare la scenetta del momento; basta pensare che è sufficiente un discorso pubblico (il ringraziamento per il Nobel ricevuto) per ribaltare odi atavici in amori ritrovati. Sono proprio le tappe del viaggio a preferire l’accumulo alla progressione, tra l’altro, escludendo l’arrivo a Christiania e l’incontro di Gassmann con l’improbabile figlio e la sua amica cantante, attraverso situazioni paradossali che si riducono a sketch stridenti (la sfida alla frontiera tra ex concorrenti olimpionici), grotteschi (l’incontro con la ex star del cinema che sceglie di farsi ibernare con il gatto), grossolani (il pareggiamento di corna seguendo le direttive paterne) e decisamente imbarazzanti (l’amore nordico di Rocco Papaleo e le sue derive). Alla fine, poi, la schiettezza di un padre che si permette di manipolare un figlio e di distruggere le ambizioni letterarie di una figlia viene pure celebrata come liberatoria e anziché accentuare il conflitto lo risolve. Aspetto significativo perché discutibile punto di arrivo di un film che non trova un suo centro, gira intorno a un disagio e si limita a sparare a salve. Poco aggiungono le nuove generazioni attraverso due personaggi, interpretati da Marco Zitelli alias Wrongonyou e Matilda De Angelis, utilizzati in chiave puramente riempitiva.